When witches don’t fight, we burn.

“Quando le streghe non combattono, ci bruciano”.
(Fiona Goode, American Horror Story: Coven, episodio 1)

Esiste una lunga storia di associazioni fra streghe e femministe nei prodotti mediali: entrambe le figure divergono dalla norma patriarcale e possono apparire minacciose in virtù del potere che desiderano ottenere o che già esercitano, e quindi venire additate, se non addirittura “messe al rogo”.

Qualche tempo fa ne ho scritto in relazione a Samantha di Vita di Strega, ma una delle più recenti incarnazioni di questa sempiterna associazione è costituita dalle streghe di Coven (2013-2014), terza stagione della serie antologica American Horror Story (2011-in corso), le cui dinamiche possono essere associate alla storia del femminismo occidentale dagli anni ’60 in poi.
Una storia dell’orrore americana? Ironicamente, mi piace immaginarla così.

Fra il post-femminismo e la Quarta Ondata

Our powers always spike in times of crisis. This is one of those times.

“I nostri poteri hanno sempre dei picchi nei tempi di crisi. Questo è uno di quei momenti”.
(Cordelia Goode, American Horror Story: Coven, episodio 13).

Coven debutta in un periodo storico particolare, all’alba di quella che possiamo definire Quarta Ondata femminista.
All’inizio della serie ci viene presentato l’ambiente in cui avrà luogo gran parte dell’azione, ossia una scuola di stregoneria (“Accademia di Miss Robichaux per ragazze straordinarie”). La preside, Cordelia Foxx, spiega che da tempo le iscrizioni sono drasticamente calate, al punto che attualmente la scuola può vantare solo quattro studentesse: Madison, Nan, Queenie e la nuova arrivata, Zoe.
“Rischiamo di estinguerci”, conclude Cordelia, che cita anche il caso di una ragazza bruciata sul rogo giusto qualche settimana prima (“Siamo sotto assedio”).
Mantenendo viva l’associazione fra la figura della femminista e quella della strega, appare chiaro come la situazione che ci viene presentata all’inizio della serie sia associabile al concetto di post-femminismo, quel sentimento sorto già a partire dagli anni ’80, ma dilagato nei ’90 e nei ’00, che contesta le contraddizioni e le mancanze del femminismo, scagliandosi particolarmente contro la Seconda Ondata, quella degli anni ’60 e ’70.
In questo contesto, si assiste comunemente ad un rifiuto del termine stesso (“femminismo”), tanto che la Terza Ondata preferirà nascondersi dietro al concetto di Girl Power (ma di questo parleremo prossimamente).
Il pensiero post-femminista si basa sulla convinzione che la società contemporanea non abbia più bisogno del femminismo, identificato sempre e comunque con i movimenti maturati negli anni ’70.

A questo pensiero si contrappone nettamente la Quarta Ondata, iniziata attorno al 2012, che con il celebre discorso di Chimamanda Ngozi Adichie (We should all be feminists, “dovremmo tutti essere femministi”) si riappropria del termine “femminista” per spogliarlo della sua connotazione negativa, basata sui pregiudizi che ha assorbito nei decenni. “A un certo punto [sentivo il bisogno di specificare che] ero una femminista africana felice che non odia gli uomini e a cui piace mettersi il lucidalabbra e i tacchi alti, ma per sé stessa, non per gli uomini”, scherza Adichie durante il suo speech. Stralci del suo discorso sono stati ripresi da Beyoncè nella traccia ***Flawless, inclusa nel suo eponimo album del 2013 (BEYONCÉ) e nella sua successiva esibizione ai Video Music Awards del 2014, in cui la parola FEMINIST compare in bella vista sul ledwall dietro alle spalle della popstar: un momento che si è scolpito immediatamente nell’immaginario collettivo.

A sinistra, Chimamanda Ngozi Adichie durante il suo Ted Talk (We Should All Be Feminists).
A destra, l’esibizione di Beyoncé ai VMAS 2014.

Coven: quattro generazioni di streghe femministe

Not only are we descendents of Salem but we are suffragettes.

“Non solo siamo discendenti di Salem, ma siamo suffragette”.
(American Horror Story: Coven, episodio 6).

Come si pone American Horror Story: Coven nel contesto della storia del femminismo occidentale?
Innanzitutto presentando riferimenti precisi a tutte le ondate femministe, a partire dalla Prima.
Una delle prime nozioni che apprendiamo, all’ingresso nell’Accademia (episodio 1), è il fatto che la struttura sia stata adibita a scuola per streghe da una delle prime suffragette, Marianne Wharton, nel 1868.
Un flashback, nell’episodio 6, ci mostrerà le studentesse che la popolavano nel 1919, motivate ad agire contro il ricatto di un terribile assassino (l’Uomo con l’ascia di New Orleans) dal discorso di una di loro: “Siamo state buone troppo a lungo. Noi siamo potenti, anche se nessuna di voi riesce ancora a crederci. Non siamo solo discendenti di Salem, siamo anche suffragette. Stiamo per ottenere la nostra vittoria più grande, finalmente avremo diritto di voto”.

Ci ritroviamo poi nel presente della narrazione, un’epoca ancora immersa nel post-femminismo che ha dato vita a uno dei decenni più misogini della storia recente, gli anni ’00, e la situazione non sembra migliorare.
La tragicità della circostanza appare evidente nel dialogo fra Cordelia e la madre, Fiona, che ricopre il ruolo di Suprema, ponendosi a capo di tutte le streghe. Fiona torna all’Accademia, dopo essere stata a lungo in giro per il mondo, perché adesso più che mai il loro mondo, quello delle streghe, è in pericolo: “Sono venuta ad aiutarti”, spiega alla figlia, “lo sai che a pochi chilometri da qui una ragazza è stata arsa sul rogo? È Salem che si ripete ancora una volta: c’è una tempesta in arrivo e tu lasci queste povere ragazze affidate a te completamente impreparate ad affrontarla”, la redarguisce. Si tratta, insomma, di un’epoca in cui il femminismo è uscito dal pensiero comune e quelle poche femministe ancora in giro subiscono discriminazioni e quindi hanno paura di mostrarsi in pubblico.

In questo contesto, notiamo subito come il personaggio di Fiona sia inscrivibile, anche anagraficamente, nella Seconda Ondata, incarnando la figura della femminista per eccellenza, quella contro cui il post-femminismo si scaglia.
E infatti sono soprattutto le mancanze di Fiona a essere messe in luce, fin dall’inizio della serie: sebbene il suo enorme potere sia universalmente riconosciuto, le si critica il fatto di non averlo messo a frutto per il bene della congrega, tanto da non aver neanche designato una sua erede.
I contrasti avvengono in particolar modo con la figlia, la già citata Cordelia: la complessa relazione fra le due donne ricorda il difficile passaggio fra la Seconda e la Terza Ondata, e quindi fra due generazioni di femministe molto diverse fra loro.

“Ho passato la mia intera vita a cercare di dimostrarti qualcosa, ad avvicinarmi o ad allontanarmi da te”, dirà Cordelia a una morente Fiona nell’ultimo episodio di Coven.
Tale dinamica ricorda il contrasto fra Seconda e Terza Ondata, con quest’ultima che cerca di ricollegarsi o di distinguersi nettamente dalla sua precorritrice, nel continuo tentativo di affermarsi.

Esattamente come Cordelia, le esponenti della Terza Ondata si ritrovano a vivere sotto l’ingombrante ombra delle loro precorritrici, che ancora oggi ricoprono un posto rilevante nell’immaginario collettivo: quando si pensa a una femminista, si pensa ancora al motto “Tremate, tremate! Le streghe son tornate” e ai reggiseni bruciati in piazza.
Nell’episodio 3 assistiamo, non a caso, a un flashback ambientato nel 1971, in cui la Suprema dell’epoca ne fa riferimento parlando con una giovane Fiona: “Pensavo che fossi andata con le altre ragazze a bruciare il tuo reggiseno a Jackson Square”.

Cordelia si distingue da Fiona anche dal punto di vista del carattere e della moralità, instaurando un rapporto quasi materno con le sue studentesse.
Al contrario, Fiona è stata per Cordelia una madre assente, fredda e distaccata. Capiamo subito che le due si vedono molto raramente, tanto che l’arrivo di Fiona all’Accademia viene presentato come un evento eccezionale, quasi una metafora di come il femminismo degli anni ’70 potesse apparire alla stregua di un’eco lontana nel contesto degli anni ’90 e ’00.
Fiona rappresenta un vessillo di quella femminilità che, nella Seconda Ondata, riteneva di poter esercitare il proprio potere socio-politico solo sradicandosi dal ruolo di madre e di moglie. Per anni, Fiona ha messo la sua carriera al primo posto e ha vissuto e viaggiato da sola: non abbiamo alcuna notizia del padre di Cordelia; gli unici uomini che la Suprema incontra sulla sua strada sono quelli con cui intrattiene rapporti occasionali di natura quasi esclusivamente sessuale, a testimonianza di quanto sia “libera” anche su quel fronte. Il contrasto con la figlia è evidente: Cordelia non solo è sposata, ma cerca disperatamente di avere figli, ricorrendo a ogni mezzo possibile (inclusa la magia, anche quella voodoo).
La condizione di Cordelia può rimandare nuovamente al post-femminismo: accantonate le proteste degli anni ’70, le donne americane celebrano le vittorie del femminismo entrando in massa sul mondo di lavoro, ma si chiedono se saranno in grado di coadiuvare le loro ambizioni professionali con un loro eventuale desiderio di maternità.

Time magazine, 4 dicembre 1989

E così, le tribolazioni di Cordelia sembrano riferirsi proprio alle difficoltà che l’affermazione del proprio potere (magico, ma non solo) può causare nella vita privata, interferendo con una relazione sentimentale o con la possibilità di diventare madre: la visione di Coven appare pessimistica, considerato che Cordelia non riuscirà ad avere figli (incanalerà il suo istinto materno nel rapporto con le sue studentesse) e che suo marito si rivelerà essere un cacciatore di streghe in incognito.

Cordelia costituisce dunque una metafora della Terza Ondata, sorta all’inizio degli anni ’90 e piena di insicurezze e contraddizioni interne, aggravate dal contesto post-femminista in cui è immersa. Questo periodo storico ha dato vita a una serie di femministe che non amano definirsi tali, e che sono meno dedite all’attivismo rispetto alle loro precorritrici.
Alla luce di questo, Fiona disapprova la filosofia didattica della figlia (“Insegni [a queste ragazze] ad avere paura, a nascondersi nell’ombra”) e decide di prendere il controllo della situazione: come prima cosa porta le studentesse fuori dall’Accademia (“Non diventerete mai delle grandi donne del nostro clan restando chiuse qui a Hogwarts a seguire le confuse istruzioni di mia figlia”), in una passeggiata che assume il metaforico valore di una marcia femminista. E infatti Fiona, con l’intento di educarle in merito al loro grandioso passato, vorrebbe portare le ragazze a Popp’s Fountain, “una specie di luogo sacro per il nostro Ordine”, dato che “negli anni ’70, Mary Oneida Toups aveva una congrega alternativa da queste parti: lei e le sue sorelle streghe si riunivano lì, fiere di mostrarsi pubblicamente, com’era nello spirito dei tempi”. Citando una figura realmente esistente, Fiona rievoca direttamente il contesto sociale, anche un po’ hippie, in cui è salita al potere come Suprema, in quello che ritiene essere il periodo aureo della sua vita e della storia del femminismo occidentale, travestito da stregoneria. Un’era lontana in cui le femministe rivendicavano la loro esistenza attraverso manifestazioni pubbliche, in netto contrasto con l’omertà post-femminista.

“Indossate qualcosa di nero”.
Da sinistra a destra: Fiona, Madison, Nan, Zoe e Queenie a passeggio per le strade di New Orleans nel primo episodio di American Horror Story: Coven.

Come dicevamo, però, non è tutto oro quel che luccica: fra gli aspetti più problematici della Seconda Ondata c’è una scarsa inclusività nei confronti delle donne di colore che sfocia in una scarsa attenzione alle loro tematiche all’interno del movimento femminista, che appare perlopiù incentrato su donne bianche americane (o comunque wasp) del ceto medio-alto.
Ecco dunque evidenziato uno dei maggior limiti del femminismo occidentale, che trova rappresentazione attraverso la separazione fra streghe bianche e streghe nere in Coven.
Queste ultime praticano la magia voodoo e vivono dall’altra parte della città.
Quando Fiona si reca dalla loro “regina”, Marie Laveau, il dialogo è teso: quest’ultima sostiene che le streghe bianche abbiano imparato la magia da Tituba, una schiava nera che praticava il voodoo, il che ci rimanda a numerosi altri casi in cui i bianchi si sono appropriati di qualcosa che era stato inventato dai neri (la musica è solo la punta dell’iceberg).
Fiona non esita a ridicolizzare la menzione di Tituba (“Non sapeva distinguere una pozione d’amore da una ricetta per biscotti al cioccolato se la vedeva scritta”), dimostrandosi irrispettosa e insofferente nei confronti della storia, della cultura e della condizione delle streghe voodoo e, in generale, delle donne nere (“Per favore, spero tu non voglia sostenere che una schiava […] analfabeta mi abbia dato la mia corona”).

Fiona (a sinistra) nel salone di Marie Laveau (a destra).
Nella storia di Coven c’è anche un riferimento al colonialismo: dopo i processi di Salem, le streghe bianche hanno occupato il territorio delle streghe nere, New Orleans.

Quindi poco importa se più tardi dirà, in riferimento all’insulto ricevuto dall’unica studentessa nera presente nell’Accademia, “Non c’è niente al mondo che io odi più di un razzista”. Fiona è un’antirazzista di facciata che cerca capri espiatori (come Madame LaLaurie, trasportata nel presente dalla New Orleans di metà ‘800) per ergersi a paladina dei diritti delle persone di colore senza aver mai espressamente fatto niente in loro supporto. Un po’ come la Seconda Ondata, che spesso ha portato fra le sue fila donne di colore come token da esporre per mostrarsi progressista, continuando a perpetuare il concetto di white privilege (privilegio delle persone bianche all’interno della società), se non addirittura white supremacy (supremazia dei bianchi), come Fiona quando ritiene che la sua magia sia superiore a quella delle streghe nere.
Le donne di colore risultano quindi escluse dall’idea di femminismo rappresentata da Fiona, ma – come dicevamo – è presente una studentessa nera nell’Accademia, Queenie. A portarla all’interno della scuola è Cordelia, a testimonianza della maggior attenzione che la Terza Ondata ha posto sul concetto di intersezionalità, che prevede – fra le altre cose – l’inclusione di donne di diverse etnie all’interno del movimento femminista.

L’intersezionalità ha radicalmente cambiato il pensiero femminista a partire dalla Terza Ondata. Questa teoria vuole mettere in luce l’interconnessione fra etnia, classe, genere, disabilità, sessualità, età, sesso, religione, etc. In quest’articolo ci riferiamo esclusivamente alle donne di colore, visto che è questo il principale caso presente in Coven (troviamo anche una strega con la sindrome di Down, ma la sua condizione non è trattata con altrettanta attenzione).
L’articolo seminale, a riguardo, è Mapping the Margins: Intersectionality, Identity Politics, and Violence Against Women of Color (1991), in cui Kimberlé Crenshaw utilizza il concetto di intersezionalità per dimostrare come una donna di colore sperimenti sulla propria pelle il patriarcato e il razzismo allo stesso tempo, soffrendone più di una donna bianca nel primo caso e più di un uomo di colore nel secondo.

Si tratta comunque di un timido approccio all’intersezionalità: la stessa Cordelia, pur con tutte le buone intenzioni del mondo, risulta poco attenta e preparata nell’accogliere e gestire le problematiche esposte da Queenie, non riuscendo a costituire per lei una solida guida, tanto che la ragazza andrà a rifugiarsi temporaneamente proprio nel covo della “regina” del voodoo, arci-nemica di Fiona. Quando Queenie tornerà all’Accademia, sarà proprio quest’ultima a cercare di ingraziarsela: Fiona, infatti, ormai anziana e allo stremo delle forze, è conscia del fatto che la sua vita (e carriera) di Suprema sia alle battute finali e quindi cerca di individuare la giovane strega che le succederà al fine di ucciderla. La sua morte le garantirebbe almeno altri trent’anni di dominio, restituendole le energie che sta gradualmente perdendo (ogni vecchia Suprema si indebolisce via via che la nuova Suprema acquista potere). Dopo aver messo i suoi occhi su Madison e su altre papabili candidate, Fiona arriverà infine a corteggiare Queenie, suggerendo che “una Suprema di colore” sia esattamente “ciò di cui la congrega ha bisogno”. Una dichiarazione che svela un progressismo solo di facciata (da ostentare al pari delle scelte di voto – Fiona dichiara pubblicamente di aver votato per Obama due volte), che cela un intento oscuro e manipolatorio: scoprire chi è la nuova Suprema, ingraziarsela e poi ucciderla. Verso la fine arriverà addirittura ad allearsi con Marie Laveau pur di riuscire nel suo obiettivo: riottenere giovinezza e potere.

L’imminente morte di Fiona costituisce una metafora significativa: il femminismo, per come lo conoscevamo negli anni ’70, è agli sgoccioli.
È tempo di dare vita a una nuova era. E così è proprio sulle giovani studentesse che si indirizza lo sguardo famelico di Fiona, ragazze che hanno più o meno l’età di Emma Watson, una delle figure che hanno dato inizio alla Quarta Ondata. Tuttavia, queste si rivelano immature, acerbe o manchevoli della tempra della leader, tanto che una dopo l’altra vengono scartate dalla selezione, effettuata tramite il test delle Sette Meraviglie.
Alla fine, l’inaspettato: la Suprema si rivela essere Cordelia, rappresentante di quella Terza Ondata che, frenata dal clima post-femminista, non era mai riuscita a spiegare le ali e ad affrancarsi dalla pesante eredità dell’Ondata precedente, esprimendo appieno il suo potenziale. Di questo ne era conscia la stessa Fiona: “Una delle mie più grandi delusioni nella vita è che non ti sei mai resa conto della portata dei tuoi poteri”, le aveva detto all’inizio della serie.
Tale interpretazione si ricollega dunque al pensiero di chi teorizza non l’avvento di una Quarta Ondata, ma un risveglio della Terza, finalmente in grado di manifestarsi in tutta la sua magnificenza.

I valori che la nuova Suprema porta con sé sono quelli che hanno caratterizzato gli ultimi 10 anni del movimento, fra cui un’attenzione ancora maggiore alla sua componente intersezionale, rappresentata metaforicamente dalla scena finale, in cui Cordelia appare con le sue nuove consigliere, Zoe (bianca) e Queenie (nera), e dal rapporto sempre più stretto che Cordelia riuscirà a instaurare con quest’ultima in American Horror Story: Apocalypse (2018).
Naturalmente si parla di un orgoglio femminista che passa attraverso i media: se nella serie è la televisione il mezzo che Cordelia sceglie per comunicare al mondo la sua natura, invitando tutte le streghe in ascolto a iscriversi all’Accademia, nella realtà sono i social media la piattaforma attraverso cui il movimento ha preso voce nell’ultimo decennio, ma il messaggio resta lo stesso: femministe, smettete di nascondervi!
Reclamate il vostro nome e la vostra natura, e coinvolgete anche gli uomini: tutti dovremmo essere femministi.

Tempo di fiorire

È proprio grazie all’unione e all’inclusione che il nuovo movimento trova la forza di esprimersi, in contrasto con la spinta individualistica che, nella cornice post-femminista, promuoveva la realizzazione personale a discapito del bene comune.
Fiona, perfino quando si allea con Marie Laveau, promuove sempre un concetto di divisione, provocando competizione e distruzione all’interno della propria congrega.
Al contrario, Cordelia riunisce tutte le streghe sotto lo stesso tetto per poter fiorire insieme, dando vita a una nuova stagione per le donne e per l’umanità intera.

We survived. Up until now, that’s all we’ve done.
But as I look at your faces, all of them beautiful, all of them perfect, I know together we can do more than survive. It’s our time to thrive.

“Siamo sopravvissute. Fino ad ora, questo è tutto quello che abbiamo fatto.
Ma quando guardo le vostre facce, tutte bellissime, tutte perfette, so che insieme possiamo fare più che sopravvivere. È il nostro momento di fiorire”.
(Cordelia Goode, American Horror Story: Coven, episodio 13).

È interessare notare come il concetto espresso dal verbo fiorire (thrive, in inglese) sia molto presente nel discorso femminista degli ultimi anni, tanto da comparire nei titoli di libri come Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire di Maura Gancitano e Andrea Colamedici e Eroine. Come i personaggi delle serie TV possono aiutarci a fiorire di Marina Pierri.
La casa editrice Tlon punta molto sul concetto di “fioritura personale”.

Per approfondire

Locatelli, Leone. Vita da Strega. Da Bewitched alle maghette giapponesi

Lonergan, Meg. Witches, Bitches, and White Feminism: A Critical Analysis of American Horror Story: Coven

Mainstream postfeminism in American Horror Story: Coven.
A feminist critique of the witch stereotype.

As a radical feminist identity, the ‘witch’ strategically represents both the historical abject figure subjected to torture and death, and a radical fantasy of renewal in the form of a female figure who desires (and articulates) a cultural transformation ‘that has not happened yet’ and also the one who already marks that transformation. Thus, the feminist witch succeeds in subverting her own (abject) identity by converting it into a political fantasy.

“In qualità di identità femminista radicale, la ‘strega’ rappresenta strategicamente sia l’abietta figura sottoposta a tortura e a morte, sia una fantasia radicale di rinnovamento nella forma di una figura femminile che desidera (ed esprime) una trasformazione culturale che ‘non è ancora avvenuta’ ed è al contempo la persona che già presenta quella trasformazione. Pertanto, la strega femminista sovverte con successo la sua (abietta) identità convertendola in una fantasia politica”.
(Sempruch, Justina. Feminist Constructions of the ‘Witch’ as a Fantasmatic Other, 2004, p. 115).