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Mermaid Film Festival – Sirene dell’Est

Rassegna di film in collaborazione con SubClassics

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Principesse del nostro tempo: 2009-2016

Fra web, social e politica, ecco le principesse degli anni ’10

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Come d’incanto, fra realtà e immaginario

Fra auto-parodia e omaggio, la Disney riafferma sé stessa

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Matilda, il potere di cambiare il mondo

La forza sovversiva delle bambine nel film e nel romanzo di Roald Dahl.

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Sirene negli anni ’80, il femminismo è nell’acqua

La sirena come metafora post-femminista

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Twiggy, terremoto giovanile in 3 scosse

Negli anni ’60, Twiggy diventa il simbolo della teenager moderna

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Raffaella Carrà (ebook)

Saggio di Caterina Rita e Leone Locatelli (Delos Digital, 2022)

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Barbie, zeitgeist in plastica

Lo spirito del tempo incarnato dalla bambola più famosa del mondo

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Colazione da Tiffany, una fiaba post-femminista

Donne single, romanticismo e contraddizioni nella Grande Mela

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Il colore verde: streghe e antisemitismo

Qual è il nesso fra la persecuzione degli ebrei e la Malvagia Strega dell’Ovest?

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Principesse del loro tempo: 1989-1999

Ricollochiamo le principesse Disney nell’epoca d’uscita dei rispettivi film

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Le sfumature della Fata Turchina

La Fata di Pinocchio fra sacro e profano, fiaba e storia

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Aurea Mediocritas: inquadrare “Encanto” nel canone Disney

In che modo Mirabel costituisce la giusta via di mezzo?

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Promising Young Woman, la cultura tossica degli anni ’00

“Una donna promettente” fa i conti con il sessismo degli anni 2000

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L’avventura di Belle e di Linda Woolverton

La storia di Belle riflette quella della sua creatrice, Linda Woolverton

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Barbie VS Licca-chan: una storia di resistenza nipponica

Bambole diverse per culture diverse: la complicata storia di Barbie in Giappone

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“Britney”, un romanzo di formazione pop

Analisi dell’eponimo album di Britney Spears del 2001.

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Dee, Fate, Streghe (ebook)

“Dee, Fate, Streghe. Il potere femminile dai culti naturali a Walt Disney” di Angelo Serfilippi e Leone Locatelli (Delos Digital, 2021)

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Scarlet Witch, la mitologia della strega

Associamo Wanda alle più importanti streghe dell’immaginario collettivo

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Storia del femminismo in AHS: Coven

Le streghe di American Horror Story come metafora per le quattro ondate femministe

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heroica.it

heroica
✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛
Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

Continua nei commenti ↓
Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

Scorri le immagini per saperne di più ➜ 

♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

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#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

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#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

Scorri le slide per leggere l'analisi completa ➡️
Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
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70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

Scorri per leggere il resto→
"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!
«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️
Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛
Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

Continua nei commenti ↓
Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

Scorri le immagini per saperne di più ➜ 

♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

Scorri le immagini per leggere l'analisi →

#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

Scorri le immagini per leggere il resto dell’analisi ➔
#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

Scorri le slide per leggere l'analisi completa ➡️
Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
Scorri le immagini per saperne di più →
70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

Scorri per leggere il resto→
"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!
«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️
Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛
Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

Continua nei commenti ↓
Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

Scorri le immagini per saperne di più ➜ 

♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

Scorri le immagini per leggere l'analisi →

#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

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#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

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Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
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70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

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"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!
«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️
Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

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Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
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Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

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Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

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Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

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#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

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#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

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Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
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70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

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"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!
«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️
Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛
Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

Continua nei commenti ↓
Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

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♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

Scorri le immagini per leggere l'analisi →

#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

Scorri le immagini per leggere il resto dell’analisi ➔
#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

Scorri le slide per leggere l'analisi completa ➡️
Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
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70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

Scorri per leggere il resto→
"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!
«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️
Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛
Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

Continua nei commenti ↓
Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

Scorri le immagini per saperne di più ➜ 

♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

Scorri le immagini per leggere l'analisi →

#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

Scorri le immagini per leggere il resto dell’analisi ➔
#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

Scorri le slide per leggere l'analisi completa ➡️
Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
Scorri le immagini per saperne di più →
70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

Scorri per leggere il resto→
"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️
Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper ✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie
Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torre in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale. 

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere... 

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛
Grazie al potere della resilienza, ogni principess Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta. 
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola
Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo. 
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian e Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica immagine della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

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Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑
70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la 70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

Scorri le immagini per saperne di più ➜ 

♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.
Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne. 
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

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#BarbieIlFilm #Barbiecore
L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

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#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi #YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

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Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚
«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio «Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️ 
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70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al 70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy
«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte «Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio. 
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

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"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond "Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde costituisce un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla traduzione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄
Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola. 
Link nelle storie in evidenza 🎀
«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes. 

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcast), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca. 

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀
Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù? 

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”. 
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!
«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos «Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀
Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨ 
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪
Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. 
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️
Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊
Questo è un post che non avrei mai immaginato di Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me). 

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.
Nel secondo post dedicato al penultimo film del no Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊
La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑
"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost "Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊 

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️
Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk e femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

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Poi scopri l'articolo completo: Link nelle storie!
La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚
I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti. 

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico. 

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.
“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d “Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊
L'avventura della Disney con le sirene inizia poco L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».
Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️ 
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨ 
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚
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