And for once it might be grand
To have someone understand
I want so much more than they’ve got planned

E per una volta sarebbe grandioso
se qualcuno capisse
che voglio molto più di ciò che hanno in programma.

La Bella e la Bestia compie trent’anni.
Negli ultimi mesi, ho pensato a come poter omaggiare questo grande Classico Disney, e ho avuto un’idea controcorrente rispetto agli articoli che pubblico solitamente. Per una volta non voglio analizzare un personaggio, ma voglio raccontare com’è nato, e voglio farlo insieme a un’ospite, Carmen Crisafulli, che su Facebook gestisce la pagina Koogai.
Ci siamo conosciuti proprio a seguito di alcuni suoi post-analisi sulle principesse Disney, che ho molto apprezzato, e oggi siamo qui per raccontarvi una storia antica come il tempo, tale as old as time.
La storia di una giovane donna che si ritrova in un’ambiente a lei ostile, ma che alla fine riesce a cavarsela con determinazione e un pizzico di diplomazia. Vi ricorda qualcuno?
Sì, è la storia di Belle, ma è anche la storia della sua creatrice, Linda Woolverton.

La Bella (Linda) e la Bestia (Disney)

I’m sure I was a total pain… but look what happened.
We got Belle out of it.

“Sono sicura di essere stata insopportabile… ma guardate cos’è successo.
Abbiamo avuto Belle”.
– Linda Woolverton

Nata nel 1952 a Long Beach, in California, Linda Woolverton si laurea in Belle Arti alla California State University nel 1973, e nel 1979 ottiene un master in Teatro per Bambini.
Presto inizia a scrivere e dirigere opere teatrali e nel 1980 ha le sue prime esperienze in televisione: per quattro anni si occupa di programmi per bambini (e non solo), finché, andando contro le aspettative e i consigli di tutti, lascia il suo lavoro per diventare una scrittrice full-time.
Dà così vita a due romanzi, Star Wind e Running Before the Wind, pubblicati dalla Houghton Mifflin, ma si occupa anche delle sceneggiature di serie animate come Ewoks, The Real Ghostbusters e, per la Disney, Chip ‘n’ Dale Rescue Ranger (conosciuto in Italia come Cip e Ciop – Agenti Speciali) e il celeberrimo Ducktales.

Arriviamo quindi al 1991, a La Bella e la Bestia.
Il film diede non poco filo da torcere alla Disney: trascorsero decenni prima che riuscissero a trovare il taglio giusto per adattare l’opera. Ci lavorarono dagli anni ’30 agli anni ’50, ma Walt Disney non era entusiasta: la trama e i personaggi erano troppo statici e i toni della narrazione risultavano troppo oscuri e opprimenti, indugiando sullo stato di prigionia di Belle. Fu il produttore Jeffrey Katzenberg, la mente commerciale dietro al successo dei primi Classici del Rinascimento Disney, a riesumare il progetto negli anni ’80, con l’intento di farne un film in live action. Questa scelta venne presto accantonata poiché le tecnologie al tempo disponibili non avrebbero permesso di rappresentare la Bestia in modo credibile e soddisfacente, rendendo giustizia al personaggio. Si optò quindi per un lungometraggio animato.

Gli screenplay realizzati fra il 1985 e il 1988, ad opera di Richard Purdum, si rivelarono decisamente troppo cupi. Sulla scia del successo de La Sirenetta, Katzenberg decise di puntare su un musical animato. Arruolò dunque Howard Ashman e Alan Menken, che avevano lavorato alla premiatissima soundtrack del 1989, optando per una new entry in sala di scrittura: Linda Woolverton, appunto.
L’arrivo della Woolverton fu la svolta di cui la Disney aveva bisogno per dare vita a La Bella e la Bestia, che diventa così non solo il primo film d’animazione scritto da una donna, ma anche il primo ad avere una vera e propria sceneggiatura al posto di una serie di storyboard.

Ma come e perché Linda finì a lavorare a questo film?
Per rispondere a questa domanda, facciamo un passo indietro.

Una principessa “femminista”

Come dicevamo, La Sirenetta fu un successo, inaugurando un decennio di successi animati in casa Disney, ma la sua protagonista venne criticata per essersi innamorata a prima vista di un uomo e aver abbandonato la sua famiglia per lui. Sebbene la storia di Ariel sia ben più complessa di quanto certe critiche lascino supporre, Katzenberg prende atto di tali obiezioni e, dopo aver letto (quasi per caso) Running Before the Wind di Linda Woolverton, chiese all’autrice di occuparsi de La Bella e la Bestia.

“La Disney era a conoscenza della mia sensibilità femminista. Non ho mai partecipato alle manifestazioni, ma sapevo che volevo di più, volevo cambiare la mia vita. Volevo uscire, proprio come Belle, e fare le cose da me. Pensavo di essere abbastanza intelligente da poterlo fare”, ricorda Linda.

L’intento era quello di creare una principessa Disney che si differenziasse dalle precedenti, quelle con cui la stessa Linda era cresciuta: “Non voglio dire che Biancaneve e Cenerentola fossero modelli negativi per le bambine, perché non sarebbe giusto. Riflettono i valori del loro tempo. Ho una figlia e, quando sarà grande abbastanza, le farò vedere quei film. Penso che intavolerò una discussione su come le donne siano cambiate e perché, in quei film, le principesse non vanno alla conquista del mondo, ma sognano di qualcuno che le salvi dalla loro vita”, dichiarava nel 1992.

A testimonianza di quanto Linda volesse distanziarsi dalle principesse precedenti, possiamo citare anche la rimozione del personaggio della zia Marguerite, che nelle bozze precedenti del film avrebbe agito in facoltà di co-antagonista, rimandando a figure come la Matrigna di Cenerentola.

Rispetto al 1959, anno d’uscita de La bella addormentata nel bosco, la condizione delle donne americane era radicalmente cambiata: “Ho preso parte ai movimenti femministi degli anni ’60 e ’70, e non avrei mai creduto al fatto che una ragazza carismatica e intelligente come Belle potesse sedersi ad aspettare il principe o che potesse tollerare tutti gli abusi in silenzio, rimanendo comunque buona di cuore, o che l’unico suo desiderio fosse quello di ricevere una rosa. Non faceva per me scrivere un omaggio al passato, io volevo una donna degli anni ’90”.

Alla luce di questo, “Belle si fa strada da sola nel mondo. In passato abbiamo visto altre eroine animate reagire ad agenti esterni, mentre lei dà il via all’azione, mette in moto gli eventi”.
Per evidenziare questo lato della sua caratterizzazione, Linda decise che Belle si sarebbe avventurata nel bosco di sua spontanea volontà, in cerca di suo padre, e che si sarebbe coraggiosamente confrontata con la Bestia per poi offrirsi come prigioniera al posto di Maurice.

Oggi, l’aggettivo che più di frequente si vede accanto a “personaggio femminile” è forte, ma tale concetto si apre a infinite interpretazioni.
Per Linda, un personaggio femminile è forte quando si dimostra intraprendente e influenza il proprio mondo, non ne è una vittima – oppure, nel caso in cui lo fosse, agisce per cambiare la sua situazione.

Oltre ad attingere alla sua stessa esperienza, Linda si è ispirata al personaggio di Jo March, eroina di Piccole Donne di Louisa May Alcott.
Jo è una ragazza intraprendente che non aderisce agli stereotipi di genere della sua epoca, uno spirito ribelle.
Linda si è ispirata soprattutto all’interpretazione che ne ha dato Katharine Hepburn nella trasposizione cinematografica del 1933, che ritiene essere “una rappresentazione autentica di cosa voglia dire essere una donna”.
“C’è molto di Katharine Hepburn in Belle”, spiega: “anche se il personaggio di Jo è più ‘maschiaccio’, sono entrambe donne forti, intraprendenti, che amano leggere e vogliono di più dalla loro vita”.

Katharine Hepburn colpì Linda Woolverton a tal punto che si rifiutò di guardare La Belle et la Bête (1946) di Jean Cocteau (a cui la Disney aveva in parte attinto), perché aveva già scelto il suo modello per Belle.

Katharine Hepburn, figlia di una suffragetta e un chirurgo, fin da piccola si dimostra incurante delle convenzioni sociali. Infiammata da uno spirito ribelle, da bambina si tagliò i capelli e si fece chiamare Jimmy. Conquisterà Hollywood con la sua personalità eccentrica per i canoni del tempo: indossa i pantaloni e risponde a tono alle sue controparti maschili e ai giornalisti ficcanaso.

Per il rapporto con la Bestia, la key story artist Brenda Chapman dichiarò di essersi ispirata ai fulminanti scambi di battute che caratterizzavano la relazione fra Katherine Hepburn e Spencer Tracy sul set e fuori dal set.

Le cronache narrano che la natura scoppiettante del loro rapporto – umano e recitativo – fosse già presente al loro primo incontro, inaugurato dal seguente scambio di battute:
“Mr. Tracy, lei è un po’ basso per me”.
“Non si preoccupi, la accorcio io”.

L’ispirazione risulta evidente nella scena in cui la Bestia e Belle litigano mentre lei cura le sue ferite: “La Bestia era scontrosa e Belle gli rispondeva a sua volta. Faceva molto Tracy-Hepburn”, spiega la Chapman.

Lottare per Belle

“I wasn’t wanted. And I was a girl. They were, like: ‘Who the hell are you?’”.

“Non ero gradita. Ed ero una ragazza. La loro reazione era tipo: ‘Ma tu chi diavolo sei?'”.
– Linda Woolverton

Sebbene sia stata la Disney stessa a convocarla, lavorare al film non fu per niente facile, per Linda Woolverton.
“Ogni battuta di Belle scatenava una battaglia”, ricorda la sceneggiatrice.
Linda racconta di essersi ritrovata ogni giorno in un ambiente ostile – uno dei direttori non la guardava neanche negli occhi.
Lei era un’outsider, una sceneggiatrice in un mondo di stoyboard artist e una donna in un’ambiente ancora dominato da uomini.

Nota: Fra gli storyboard artist spiccava tuttavia un’altra donna, Brenda Chapman, che sarebbe in seguito diventata la co-regista di Ribelle – The Brave (2012) per la Pixar, e che spesso si sarebbe espressa a favore di principesse Disney più “emancipate”, ma pare che fra lei e Linda non sia mai corso buon sangue, tanto che entrambe evitano accuratamente di nominarsi a vicenda, quando parlano della loro esperienza alla Walt Disney.

Linda si considerava una rivoluzionaria con un piano segreto (lei utilizza il termine secret agenda, che rimanda a intenti politici), che conosceva il suo valore e perseguiva il suo obiettivo: “Stavo lottando per qualcosa in cui credevo veramente e in quei momenti tutto scivola via, tutto svanisce, quando sei determinata a fare la cosa giusta”.

Le scene tagliate e modificate furono molteplici.
Linda voleva mettere in luce l’interesse di Belle per l’avventura, motivo per cui aveva proposto una scena in cui la sua eroina attaccava delle puntine su una mappa ad indicare i posti che avrebbe voluto visitare nel mondo grazie ai soldi vinti dal padre alla fiera. Tuttavia, nel visionare gli storyboard, Linda si accorse che il suggerimento era stato scartato a favore di una scena in cui Belle stava decorando una torta con la scritta: “Bentornato a casa, papà!”.
Linda fece notare che non si trattava di qualcosa di affine a Belle, precisando che non avrebbe neanche saputo farla, una torta. Era necessario trovare un compromesso e la scelta ricadde sulla lettura (poco prima che Gaston venga a suonarle al campanello, infatti, notiamo che Belle sta leggendo un libro), ma anch’essa divenne oggetto di discussione e, per far sì che la sua passione non venisse considerata un passive hobby (un’attività passiva), nacque la famosa scena in cui Belle gironzola fra le vie del paesino con il naso fra le pagine di un libro: questa scelta affonda le radici nell’infanzia di Linda Woolverton, che era solita fare lo stesso. Così, l’amore che Belle nutre per i libri divenne un modo per sottolineare come la sua mente fosse aperta a nuove idee e prospettive. “Dato che è una grande lettrice, ha un’idea molto precisa di dove vuole che la sua vita la porti e questo non ha necessariamente a che fare con un uomo”, spiega Linda.

Tuttavia, l’idea che gli story artist avevano della figura femminile sembrava ferma a trent’anni prima.
“La facevano piangere troppo quando si trovava al castello della Bestia. Piangeva tutto il tempo. Dissi loro: “Ragazzi, non penso che piangerebbe così tanto. […] Penso che cercherebbe una via di uscita o sarebbe intrigata dal fatto di trovarsi fra le mura di un castello incantato!”.

Una volta che gli artisti capirono che Belle sarebbe stata diversa dalle principesse Disney a cui erano abituati, cominciarono ad esagerare nell’altro senso: negli storyboard, Belle diventò bitchy, per citare Linda.
Per esempio, nella scena in cui rifiuta le avances di Gaston, la ragazza avrebbe trovato un modo per rinchiuderlo in un armadio: “Feci loro notare che non lo avrebbe mai fatto perché troppo intelligente. Belle avrebbe potuto liberarsene in altri modi”.

Jeffrey Katzenberg era dalla sua parte: vedendo scene del genere, le chiedeva: “Ti sembra coerente con il personaggio di Belle?”.
“Non mi ha mai detto di renderla più femminista, ma si rivolgeva a me come barometro”, ricorda Linda.
Katzenberg, però, non era in trincea con lei ogni giorno.
Il suo vero alleato sul campo fu Howard Ashman, autore dei testi delle canzoni de La Sirenetta, La Bella e la Bestia e, in seguito, Aladdin (1992).
Insieme si impuntarono per rendere giustizia alla loro idea di come Belle avrebbe dovuto essere. Purtroppo, Ashman non ebbe mai la possibilità di gioire con la sua compagna d’avventure, dato che morì il 14 marzo 1991, otto mesi prima che il film uscisse nelle sale. Lavorò fino a che la sua malattia glielo permise e, combattendo la stanchezza, terminò di scrivere la soundtrack de La Bella e la Bestia, vincendo il suo secondo Oscar nel 1992 per la canzone Beauty and the Beast – fu il suo compagno a ritirare il premio. Tutt’oggi, Linda Woolverton afferma che presentarle Ashman è stato il miglior regalo che la Disney potesse farle. 

Un passo in avanti

Proprio come la sua eroina, Linda finisce per trasformare l’ambiente che la circonda. Oggi si definisce una hippie, una figlia del ’68 che voleva cambiare il mondo e che per certi versi ci è riuscita.
Con diplomazia, pazienza e ostinazione, Linda è riuscita a farsi valere in un contesto dominato dagli uomini, iniettando la sua sensibilità femminista nella caratterizzazione di una principessa la cui storia finisce per rispecchiare l’esperienza della sua stessa creatrice.

“You can only move the needle so much”, dichiara, facendo riferimento al fatto che sia possibile “fare la differenza” solo fino a un certo punto: una rivoluzione può essere tale solo in relazione al proprio tempo.
E così, la stessa Belle costituisce un compromesso fra le idee progressiste di Linda e la visione conservatrice della Disney all’inizio degli anni ’90.

“Mia figlia è nata nel 1991, quindi so quanto tempo è passato: c’è voluto tutto questo tempo per capire che Belle è stata per certi versi una pioniera”, ricorda Linda.

Infatti, Belle – incarnando appieno i valori della Seconda Ondata femminista – rifiuta il modello femminile tradizionale in cui Gaston, convinto che il matrimonio (con lui) costituisca il sogno di tutte le donne, vorrebbe inscriverla: “Immaginati la scena: una rustica casina di caccia, la mia ultima preda che arrostisce sul fuoco, la mia mogliettina che mi massaggia i piedi, mentre i piccoli giocano sul pavimento”.

Se Belle nel numero di apertura canta: “La vita deve darmi un po’ di più”, Gaston ribatte prontamente: “Vedrai che la mia sposa sarai tu”.

L’eroina non esita a rifiutare il suo pretendente in favore di “qualcosa in più”, come canta nella versione inglese della reprise del numero d’apertura. Proprio tale brano rappresenta un elemento di distacco da principesse precedenti come Aurora, Biancaneve e (solo nella sua reprise) Ariel: se la prima canzone da loro interpretata aveva a che fare con la ricerca dell’amore, Belle canta invece di sé stessa e del suo bisogno di evadere dal paesino dove è sempre vissuta, in cerca di avventure (“Io voglio vivere di avventure”).
Se è vero, come sostiene Gwendolyn Hofmann, che le principesse Disney esprimono i propri desideri attraverso le canzoni, è chiaro che Belle aspiri veramente a “qualcosa in più”, soprattutto rispetto ai piani di Gaston (“’Ma ve lo immaginate?! Mi ha chiesto di sposarlo! Io, moglie di quel maleducato senza cervello!”). Secondo Sharon Downey, la canzone riposiziona la necessità femminile di indipendenza prima di ogni bisogno sentimentale.

Possiamo anche notare come tutte le principesse precedenti, con l’esclusione di Ariel (connotata come teenager, non come donna adulta), vengano mostrate, almeno una volta, nell’atto di compiere faccende domestiche: per Belle non è così. La vediamo mentre dà da mangiare alle galline (viene quindi facile credere che si occupasse delle faccende di casa, avendo un padre anziano da accudire), ma è proprio in quella scena che Belle, riprendendo il tema della canzone di apertura, condanna definitivamente il modello proposto da Gaston (“Madame Gaston/La sua mogliettina, bleah!/No, signore/Non io/Lo garantisco”) e, abbandonando le mura domestiche, corre lontano nei prati. Sarà proprio al termine della canzone che Philippe, il cavallo del padre, la raggiunge trafelato facendole capire che quest’ultimo è in pericolo. Belle, in quel momento, abbandona idealmente il suo ruolo domestico e parte all’avventura.

Mentre canta la sua canzone, Belle inscena una parodia della sposa che Gaston vorrebbe (con tanto di piedino alzato), criticando apertamente lo stereotipo della moglie-casalinga repressa, vittima di una società patriarcale che la sminuisce (his little wife).
In questo, riflette i principi della Seconda Ondata femminista – vedi La mistica della femminilità di Betty Friedan – che si scagliava contro l’immagine conservatrice della donna negli anni ’50 e inizio ’60.

Tuttavia, Belle sogna comunque l’amore: lo capiamo dai libri che legge, in particolare dal suo libro preferito, quello di cui parla nel corso della canzone, mentre ne sfoglia le pagine: “Oh, io sto sognando / [Questo] è il momento che amo più perché / Lei si sta innamorando / E fra poco scoprirà che lui è il suo Re”.
Il suo bisogno di avventura sfocia dunque, come per tutte le principesse Disney degli anni ’90, in una relazione amorosa. Notiamo però come, alla fine della storia, Belle sia effettivamente riuscita a vivere un’avventura degna del suo romanzo preferito, che di fronte al bibliotecario aveva descritto parlando di “posti esotici” (far-off-places, nel senso di “posti molto, molto lontani”, come quelli delle fiabe), “intrepidi duelli” (daring sword fights, ossia “audaci combattimenti con la spada”), “incantesimi” (magic spells), “un principe misterioso” (a prince in disguise, “un principe in incognito”).

Gli elementi messi in luce da Belle sembrano riferirsi anche alla storia del successivo Classico Disney, Aladdin (1992).

La gentilezza e la perseveranza di Belle la accomunano nuovamente alle principesse classiche (Biancaneve, Cenerentola) – d’altronde permane il messaggio che “tutto si aggiusterà, alla fine”, come le ricorda Mrs. Brick –, ma l’eroina di Linda Woolverton non esita ad alzare la voce con la Bestia per farsi valere, mentre le principesse precedenti esprimevano il proprio dissenso in modo meno esplicito, di fronte alle figure che costituivano per loro un’autorità da rispettare – la Matrigna per Cenerentola, i genitori (o le fatine) per Aurora.

La Bestia si pone di fatto come autorità in quanto “padrone di casa”, ma Belle non è intenzionata a rispettarlo fino a che non sarà sicura di ottenere lo stesso rispetto da lui. Inoltre, si fa meno problemi a disubbidire, e per scopi meno leciti rispetto a Cenerentola: se quest’ultima si reca al Ballo di nascosto dalla Matrigna, esercitando un suo legittimo diritto, l’infrazione di Belle, che contravviene agli ordini della Bestia per visitare l’Ala Ovest, è guidata dalla mera curiosità. Il film non condanna il suo gesto se consideriamo che a chiudere la discussione che ne segue è proprio Belle, che ricorda alla Bestia che, a prescindere da quello che lei ha fatto, lui “dovrebbe imparare a controllarsi”.

Infine, tornano in Belle gli atteggiamenti materni che erano presenti in Biancaneve e in Cenerentola (proiettati ora sui Nani, ora sui topini), ma che erano mancati in Ariel (e in parte anche in Aurora, pur avendo a che fare con le sue anziane “zie”), sempre in virtù della connotazione come teenager, che può anzi giustificare una ribellione nei confronti dei propri genitori (e infatti la sirenetta disobbedisce e manca di rispetto all’autorità proprio in virtù di questo).
Invece Belle, caratterizzata come una giovane adulta, passa metà del film a proteggere il padre e l’altra metà ad accudire ed educare la Bestia, assumendo il ruolo di madre putativa nel corso dell’intero film.

Belle assomiglia alle principesse classiche anche da un altro punto di vista: secondo Elizabeth Bell, il corpo e le movenze delle prime principesse Disney sono stati modellati su quelli delle ballerine di danza classica, in contrasto con principesse successive come Pocahontas, che rimandano al mondo dell’atletica.

Nonostante presenti ancora molti tratti in comune con le principesse precedenti, dalla componente materna alla risoluzione amorosa, “Belle ci ha fatto andare avanti di qualche centimetro”, sostiene Linda.
Belle era curiosa, impulsiva, audace, risoluta… proprio come la sua creatrice: “Mi faceva imbestialire che gli uomini potessero andare in biblioteca a parlare di argomenti interessanti mentre le donne e le ragazze dovevano limitarsi a cucire o destreggiarsi in cucina. Non potevamo essere filosofe o pensatrici”, ricorda Linda. Una realtà che è stata magistralmente racchiusa nella più celebre battuta di Gaston: “È strano che una donna legga. Le vengono in testa strane idee e inizia a pensare”.

A trent’anni di distanza, Belle continua a ottenere riconoscimenti per il suo ruolo all’interno del film. Boxoffice la definisce un’iconoclasta, responsabile di aver segnato un punto di svolta nel canone disneyano.
A lei seguirono Nala ne Il Re Leone (1994), Alice nel remake in live action Disney del 2010 e infine Maleficent nell’omonima riscrittura de La bella addormentata (2014; 2019), tutte figure nate dalla penna di Linda.
La sceneggiatrice rimane ancora particolarmente legata alla sua prima eroina, che considera la sua “prima figlia”. Entrambe hanno vissuto un’avventura e hanno ottenuto quello che volevano: molto più di quanto il mondo avesse in programma per loro.

Stesura preliminare: Carmen Crisafulli
Ideazione, analisi e supervisione: Leone Locatelli

Alla bambina di tre anni che ha distrutto tre videocassette de La Bella e la Bestia e che, crescendo, grazie a Belle si è sentita meno sbagliata e profondamente capita. – Carmen Crisafulli

A mia mamma, che è proprio come Belle (e come Linda): una figlia del ’68, un’avida lettrice di fantasy, una femminista della Seconda Ondata.
A lei che aveva già capito tutto quando ha deciso chi era la sua principessa Disney preferita quasi trent’anni fa.
– Leone Locatelli

Leggi Principesse del loro tempo: 1989-1999 per scoprire di più sulle principesse del Rinascimento Disney.
Per leggere altre analisi sui personaggi femminili Disney, clicca qui.

Bibliografia

Bell, Elizabeth. “Somatexts at the Disney Shop: Constructing the Pentimentos of Women’s Animated Bodies” in Bell, Elizabeth, Lynda Haas, e Laura Sells, ed. From Mouse to Mermaid. Bloomington: Indiana University Press, 1995.

Davis, Amy. Good Girls and Wicked Witches: Women in Disney’s Feature Animation. Bloomington: Indiana University Press, 2006.

Downey, Sharon. “Feminine empowerment in Disney’s Beauty and the Beast”, Women’s Studies in Communication vol. 19.2 (Estate 1996).

Hofmann, Gwendolyn, “Disney’s family tree of femininity : an examination of the Disney heroines and their contributions to a broader understanding of femininity” (2006). Theses and Dissertations. Paper 925.

Sitografia

https://ew.com/article/2016/05/26/linda-woolverton-alice-belle-disney-heroines/

https://www.latimes.com/archives/la-xpm-1992-01-19-ca-544-story.html?fbclid=IwAR20wpE2TETKf_xJeOFtBFVs3hAgATxa9RlaclZgo9fphOWbjt_8APyhQlw

https://www.mouseplanet.com/8500/Linda_Woolverton_and_Belle

https://www.themarysue.com/beauty-and-the-beast-linda-woolverton-belle/

https://time.com/4344654/beauty-and-the-beast-linda-woolverton/

https://time.com/2798136/maleficent-beauty-beast-writer/

https://web.archive.org/web/20141103223633/http://pro.boxoffice.com/reviews/2012-01-beauty-and-the-beast-3d

Videografia

https://www.youtube.com/watch?v=3V-RdDsOuAg

https://www.youtube.com/watch?v=LSnOS8Y1AqA&t=228s

https://www.youtube.com/watch?v=6w7zJYDK5DQ

https://www.youtube.com/watch?v=LSnOS8Y1AqA