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Mermaid Film Festival

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heroica.it

Scrivo di figure femminili nella cultura pop.

Una brillante satira femminista sui ruoli di gener

Una brillante satira femminista sui ruoli di genere. 😈

🤱🏻👩🏼‍💼
”She-Devil” si concentra su due figure contrapposte e speculari, la casalinga e la donna in carriera: Ruth e Mary si scambiano i ruoli, mettendo in luce la complessità della condizione femminile.

📈🍼
La società spinge le donne ad avere successo nel mondo del lavoro, ma le spinge anche ad assumere il ruolo più tradizionale di mogli e madri, facendole sentire in colpa se la loro ambizione professionale risulta più forte del desiderio di mettere su famiglia.

💍💼
In un mondo post-femminista, le donne possono “avere tutto”, sia il lavoro che la famiglia? Forse, ma non è per niente facile, specie se gli uomini in casa non alzano un dito.

📊👶🏻
Il film valorizza il lavoro della casalinga, ma demolisce il mito della maternità come esperienza idilliaca e tassello fondamentale della vita di ogni donna, sfatando lo stereotipo della businesswoman che ha bisogno di avere figli per sentirsi completa.

🔗 Analisi completa: link in bio (e nelle storie)

Nel 1995, “Clueless” accende la miccia che por

Nel 1995, “Clueless” accende la miccia che porterà all’esplosione del girl power nella cultura pop 💣

30 anni di “Ragazze a Beverly Hills”: moda, femminismo e femminilità negli anni ‘90. 🎀
Analisi completa: link in bio (e nelle storie) 💅🏻

In “Picnic ad Hanging Rock” (1967), le ragazze

In “Picnic ad Hanging Rock” (1967), le ragazze di un istituto femminile si liberano dei loro corsetti, simbolo di oppressione nella società vittoriana. Meno di un anno dopo l’uscita del romanzo, le femministe si liberano dei loro reggiseni, simbolo di oppressione nella società patriarcale.

Il periodo compreso fra il 1967 (anno di uscita del romanzo) e il 1975 (anno d’uscita del suo adattamento cinematografico) coincide con uno dei momenti più intensi del movimento femminista. Nel tracciare un parallelismo fra la storia raccontata in “Picnic ad Hanging Rock” e l’ascesa della Seconda Ondata femminista, partiamo dalla moda (il revival vittoriano-edoardiano) per arrivare al divino femminile che affiora nel legame tra queste donne e la potente natura australiana, capace di resistere alla colonizzazione anglosassone.

Scorri le immagini per leggere l’analisi ➝

Il teen movie 𝐼𝑐𝑒 𝑃𝑟𝑖𝑛𝑐𝑒𝑠𝑠 (2005) cela una metafora più profonda di quello che ti aspetteresti.
In superficie, è la storia di una ragazza che si scontra con la madre per perseguire il sogno di diventare una campionessa di pattinaggio sul ghiaccio. Sottotraccia, racconta di una frattura generazionale: da un lato le femministe degli anni '70 e dall'altro le loro figlie, le ragazze del Nuovo Millennio, che rivendicano la propria identità post-femminista. Come Casey, che riesce a conciliare studio e pattinaggio, le ragazze degli anni '00 cercano di coniugare il femminismo con quella femminilità tradizionale che le femministe di Seconda Ondata associano al pre-femminismo, se non addirittura all'anti-femminismo. Casey, in qualità di perfetta rappresentante del post-femminismo, prende da ciascun lato tutto ciò che di buono ha da offrire, per poi tracciare autonomamente il proprio percorso.

Leggi l'analisi completa sul mio sito.
Link in bio e nelle storie! ⛸️❄️

“Nel nome della Luna. Origini, rivoluzioni ed er

“Nel nome della Luna. Origini, rivoluzioni ed eredità di Sailor Moon” è la prima analisi interdisciplinare su Sailor Moon in Italia. 🌙

Il volume, curato da @anna.specchio85 per @societaeditricelatorre, include 12 saggi di studiose/i che analizzano Sailor Moon sotto vari aspetti, con diversi approcci e punti di vista. ✨

Io ho scritto di Sailor Moon in relazione al girl power anni Novanta, concentrandomi sulla relazione fra iper-femminilità e potere, con riferimenti alla Terza Ondata femminista e al post-femminismo. 🎀
Ho voluto inquadrare il fenomeno “Sailor Moon” nel contesto statunitense perché è negli USA che il concetto di girl power si è sviluppato, nel corso degli anni Novanta, attraverso ragazze combattenti successive, come Buffy e le Superchicche. Non manca, però, uno sguardo anche sull’Italia…

Per saperne di più sul mio contributo e sugli altri saggi inclusi nel volume, scorri le immagini →
Il libro è già in vendita su Amazon: link nelle storie!

✧ Sʜᴇ-ʀᴀ ᴇ ɪʟ ɢɪʀʟ ᴘᴏᴡᴇʀ

✧ Sʜᴇ-ʀᴀ ᴇ ɪʟ ɢɪʀʟ ᴘᴏᴡᴇʀ (ᴀɴᴛᴇ ʟɪᴛᴛᴇʀᴀᴍ) ✧

Conciliando i tratti della principessa con quelli della guerriera, e combattendo al fianco di altre eroine altrettanto caratterizzate, She-Ra ha anticipato il girl power, ma è arrivata forse un po’ troppo presto...

Scorri le immagini per leggere l’analisi →

La popstar Sabrina Carpenter ha riportato in auge

La popstar Sabrina Carpenter ha riportato in auge il baby-doll, un capo che dagli anni ‘50 ad oggi ha assunto diverse connotazioni, anche in contrasto fra loro. Nella storia della moda, il baby-doll non è una semplice camicia da notte, ma un eterno simbolo di innocenza e sensualità che veicola messaggi complessi in relazione alla figura femminile.

L’approccio con cui Sabrina indossa il baby-doll ingloba tutte le diverse concezioni che hanno accompagnato quest’abito nel corso della storia: il glamour, ma anche la (relativa) comodità e libertà nei movimenti; il lato sensuale e quello più dolce, infantile e giocoso; la volontà di abbracciare un certo tipo di femminilità per il proprio piacere, condividendolo con altre ragazze, ma anche il pericolo dell’oggettificazione.
I lati problematici che questo capo si porta dietro da sempre riemergono nelle critiche che Sabrina ha ricevuto per i costumi e le esibizioni del suo Short n’ Sweet Tour, che sfociano in diatribe sulla sessualizzazione e l’infantilizzazione delle donne.

Tuttavia, queste polemiche non prendono in considerazione l’approccio ironico e consapevole della popstar, che rende evidente come si tratti solo di un gioco: il baby-doll non è altro che un costume grazioso da indossare per la gioia del pubblico (prevalentemente femminile) che la segue, fra cui molte ragazze che si presentano ai concerti vestite come lei. Lo Short n’ Sweet Tour è un safe space, un luogo in cui poter abbracciare la propria femminilità tutte insieme, come se fosse un rito collettivo. Sabrina canta di sesso mettendo al centro del discorso il proprio desiderio e il proprio punto di vista femminile. È onesta, ma non si prende mai troppo sul serio: ridendo e scherzando, sfida lo stigma sociale che opprime le donne che si esprimono liberamente in relazione alla sfera sessuale. Scorri le immagini per leggere il resto ➔

Il legame fra Elphaba e Glinda in #Wicked mette in

Il legame fra Elphaba e Glinda in #Wicked mette in luce la forza e la complessità dell’amicizia fra donne, pescando dalle convenzioni dei teen movie e ispirando a sua volta la rappresentazione di Tiana e Charlotte (“La principessa e il ranocchio”), Elsa e Anna (“Frozen”), Mercoledì ed Enid (“Mercoledì”).

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In occasione dell’uscita di “Wicked” nei cin

In occasione dell’uscita di “Wicked” nei cinema italiani, parliamo di come la figura di Elphaba, nel musical originale, sia stata creata in risposta alla caratterizzazione della Malvagia Strega dell’Ovest ne “Il mago di Oz” (1939), che rimandava a una caricatura antisemita. 🧹

Pur partendo da questa specificità, Elphaba è stata pensata per essere un’icona per tutte le persone che si sentono discriminate. Il fatto che nel film sia interpretata dall’attrice e cantante Cynthia Erivo, afrodiscendente, mette in luce una delle possibili interpretazioni di questa figura: in questo caso, il fatto che venga discriminata sulla base del colore della sua pelle risulta particolarmente significativo. 💚

Scorri le immagini per saperne di più ➝
Link nelle storie per l’articolo completo ✨

#Wicked è al cinema da domani, 21 novembre, per @universalpituresit 🎶

«Io non sono cattiva, è che mi disegnano così»

«Io non sono cattiva, è che mi disegnano così».

Fin da "Biancaneve e i sette nani", le principesse Disney si sono contraddistinte non solo per il loro buon cuore, ma anche per la loro innocente purezza: un'aura di verginità che appariva in netto contrasto con la sensualità fatale delle antagoniste, che poteva risultare "pericolosa" (come nel caso della Regina Cattiva di "Biancaneve"), se non addirittura "mostruosa" (Malefica de "La bella addormentata") e anti-normativa, perfino queer-coded (Ursula de "La Sirenetta"). Alle cattive era concesso contravvenire alle norme che regolavano l'aspetto e il comportamento delle "donne perbene": potevano essere più avvedute e indipendenti, avere più potere e mostrare il proprio sex appeal, ma erano appunto "cattive" e quindi i tratti da loro incarnati erano connotati in negativo.

Sarà Jessica Rabbit di "Chi ha incastrato Rober Rabbit" a liberare la sensualità femminile da quella demonizzazione a cui era stata a lungo sottoposta, sfidando pregiudizi, stereotipi e apparenze. Jasmine di "Aladdin" prende il suo testimone, coniugando il buon cuore e il romanticismo delle principesse con la sagace sensualità delle cattive.

La serie di illustrazioni di Marco Pintus in cui Jessica Rabbit veste i panni delle principesse Disney - da Biancaneve a Jasmine - gioca proprio con questi contrasti, fondendo due immagini estreme e contrapposte: cosa succede a unire la sensualità di Jessica con l'innocenza di Biancaneve?

Per saperne di più, leggi il mio articolo su Retromania 2, ora in edicola! ❤️‍🔥
Puoi comprare la rivista anche online: link nelle storie
@spreacomics @moz_o_clock @marco_pintus_82

«Non immagina quanto sia difficile essere una don

«Non immagina quanto sia difficile essere una donna con l'aspetto che ho». 💋

Il mio articolo sulle 'femmes fatales' animate è su Retromania! 🔥
Scorri le immagini per scoprire contenuti extra su Jessica Rabbit (e non solo) →
Per saperne di più, acquista la rivista: la trovi in edicola oppure online 👉 Link nelle storie

Toste, sensuali, argute. 🔥 Il mio articolo sull

Toste, sensuali, argute. 🔥
Il mio articolo sulle 'femmes fatales' è su Retromania 2, ora in edicola!

Negli anni '90, il mondo dei cartoon si popola di figure femminili che coniugano la bontà e il romanticismo delle principesse classiche con il fascino letale delle "cattive", riconnotando in positivo la figura della femme fatale. Sono sarcastiche, argute, intraprendenti e determinate a non farsi sottomettere.
Sulla scia di Jessica Rabbit ("Chi ha incastrato Roger Rabbit"), nascono Jasmine di "Aladdin", Esmeralda de "Il Gobbo di Notre-Dame" e Megara di "Hercules": sono sensuali, ma non sono cattive. Anche gli studi concorrenti producono le loro sexy eroine: Goldie Pheasant di "Eddy e la banda del sole luminoso", Holli Would di "Fuga dal mondo dei sogni", Lola Bunny di "Space Jam" e Zippora de "Il principe d'Egitto".

Il mio articolo va allo scoperta delle origini e dell'evoluzione della femme fatale animata, analizzando questi personaggi, il contesto sociale in cui sono stati concepiti e tutti i parallelismi che li legano fra loro, partendo dal cinema noir per arrivare al cinema d'animazione anni '90.

Trovate la mia analisi su Retromania 2!
La rivista è disponibile in edicola: se non c'è, la si può prenotare.
Oppure potete acquistarla direttamente online: link nelle storie 💋

«𝑃𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑏𝑒𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑟𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑎: 𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑝𝑖𝑒𝑔𝑜 𝑚𝑎𝑖 𝑛𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒!»

60 anni fa, “Mary Poppins” usciva nei cinema statunitensi.
A questa magica governante basta un poco di zucchero per trasformare la realtà attorno a sé, facendosi metaforica portavoce dei grandi cambiamenti sociali degli anni ‘60. Al suo passaggio, la figura del patriarca viene messa in ridicolo, se non addirittura in discussione, per poi essere riportata al vertice solo dopo essere stata smussata, addolcita, svestita dei panni del “padre padrone”.

Ho analizzato Mary Poppins, insieme ad altre figure magiche femminili degli anni ‘60, in “Vita da strega. Da Bewitched alle maghette giapponesi” (Delos Digital, 2021).
Un capitolo del saggio è interamente dedicato all’analisi di questo film, con approfondimenti sulle connotazioni sociali della storia e sul ruolo metaforico della protagonista e degli altri personaggi principali: Jane, Michael, Bert, il signore e la signora Banks.
Scopri di più: link nelle storie! ✨

@delos.digital #marypoppins #vitadastrega #filmdisney #anniversariodisney #anniversaridisney #culturapop #femminismo #sociologia

Nel 1961, "Colazione da Tiffany" offre una rappres

Nel 1961, "Colazione da Tiffany" offre una rappresentazione femminile dirompente: Holly Golightly ispira diverse figure chiave della nascente Seconda Ondata femminista, fra cui la giornalista Gloria Steinem.

Con due anni di anticipo rispetto alla teorizzazione di Betty Friedan, Holly ha individuato e sconfitto la "mistica della femminilità", lasciando il marito Doc. Come scrive Zachary Wunrow, Holly "ha la libertà di districarsi in una miriade di situazioni sociali ed è in grado di disabitare la sfera domestica a cui un tempo apparteneva. Non soffre più di quella che Friedan descrive come una 'strana agitazione, un senso di insoddisfazione, un desiderio' diffuso tra le donne sposate a metà del XX secolo".

Tuttavia, la situazione è sicuramente più complessa, come evidenzia Codie Thompson: "Holly possiede un senso di falsa libertà. È libera dal marito, quindi libera dall'essere moglie e avere responsabilità materne. È anche in grado di mantenersi finanziariamente senza marito e questo la rende indipendente... ma non proprio".
Da un lato, come suggerisce Livi Player, si può pensare che la mansione di Holly sia volta a "manipolare il patriarcato attorno a sé", dall'altro è lecito evidenziare che in fondo sono gli uomini con cui esce ad avere il controllo. Anche il lieto fine romantico non è stato particolarmente apprezzato dalla critica femminista, che l'ha tendenzialmente visto come un tentativo di riportare la storia di Holly su binari più tradizionali. In questo, "Colazione da Tiffany" introduce una questione spiccatamente post-femminista, quella che vede al centro la possibilità di coniugare la propria individualità con una storia d'amore. Susan Douglas scrive che il suo desiderio, da spettatrice, era che Holly riuscisse a conservare la propria identità e al contempo "tenersi [George] Peppard", ossia l'attore che interpreta Paul, evidenziando tuttavia come "quello che rendeva il personaggio significativo all'epoca non era il fatto che ottenesse Paul, ma il fatto che riuscisse a farla franca con ogni sorta di anticonformità senza mai pagarne il prezzo".

Nella mia analisi su #ColazioneDaTiffany ho parlato di questo e di molto altro.
Link nelle storie! 💎

𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑆𝑎𝑏𝑟𝑖𝑛𝑎 𝐶

𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑆𝑎𝑏𝑟𝑖𝑛𝑎 𝐶𝑎𝑟𝑝𝑒𝑛𝑡𝑒𝑟 𝑔𝑖𝑜𝑐𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑓𝑒𝑚𝑚𝑖𝑛𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 🎀

Pescando dal passato, la popstar gioca con archetipi femminili ben radicati: si diverte a reinterpretarli, ma anche a ribaltarli su loro stessi. Attraverso l'ironia, incarna e sovverte il concetto di iper-femminilità. 💅🏻

In questo post facciamo un riepilogo dei suoi video più significativi, riservandoci la possibilità di tornare su di lei per maggiori approfondimenti in futuro.
Il 'kiss mark', simbolo estremo di iper-femminilità, è il simbolo di quest'era che prevediamo lascerà il segno! 💋

Scorri le immagini per leggere l'analisi→

#sabrinacarpenter #sabrinacarpenteritalia

🎀 𝑆𝑦𝑑𝑛𝑒𝑦 𝑆𝑤𝑒𝑒𝑛

🎀 𝑆𝑦𝑑𝑛𝑒𝑦 𝑆𝑤𝑒𝑒𝑛𝑒𝑦 𝑒 𝑆𝑎𝑏𝑟𝑖𝑛𝑎 𝐶𝑎𝑟𝑝𝑒𝑛𝑡𝑒𝑟 🎀

Quando Sydney Sweeney, presentando il celebre programma comico Saturday Night Live, ha indossato un abito con una profonda scollatura, i conservatori statunitensi hanno esultato: l'iper-femminilità dell'attrice è stata interpretata come un segnale della morte del cosiddetto "woke", volto (a loro dire) a fare propaganda LGBT accantonando le rappresentazioni tradizionali della mascolinità e della femminilità. Sul fronte della sensualità femminile, tuttavia, si crea un cortocircuito: i progressisti vogliono che le donne facciano con il loro corpo ciò che vogliono, ma temono che vengano sessualizzate; i conservatori non vogliono che le donne facciano ciò che vogliano con il proprio corpo, ma non si fanno problemi a sessualizzarle.

A discapito delle apparenze, Sydney Sweeney sembra schierarsi sul fronte liberale. Lo possiamo supporre dal fatto che abbia recentemente prodotto e interpretato una storia come quella di "Immaculate". Sulla locandina del film horror è stato riportato il testo di un tweet che risulta pregnante ai fini del nostro discorso: «I liberali hanno visto come la platea anti-woke ha accolto Sydney Sweeney come loro nuova beniamina e subito hanno dovuto ficcarla in questo film blasfemo, satanico, femminista, pro-aborto».
Allo stesso modo, anche l'immagine della popstar del momento, Sabrina Carpenter, sembra reiterare un'ideale tradizionale di femminilità, ma il video di "Feather" in cui, letteralmente, elimina tutti gli uomini in scena, è ben lungi dal compiacere i conservatori, che potrebbero interpretarlo come "woke" se non addirittura "anti-men".

Nella loro immagine sensuale e iper-femminile, Sweeney e Carpenter iniettano consapevolezza e ironia: è un modus operandi che ci ricorda l'auto-oggettificazione post-femminista degli anni '00, ma oggi ha ancora senso parlare di post-femminismo?
20 anni fa, il femminismo era dato per scontato o considerato obsoleto. Oggi, pur lasciando spazio all'ambiguità, questa "nuova femminilità" sembra andare a braccetto col femminismo, continuando il percorso iniziato con il #BimboTok e il #BarbieCore.

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𝑹𝒐𝒎𝒄𝒐𝒎, 𝒄𝒂𝒏𝒛𝒐𝒏

𝑹𝒐𝒎𝒄𝒐𝒎, 𝒄𝒂𝒏𝒛𝒐𝒏𝒊 𝒑𝒐𝒑 𝒆 𝒈𝒖𝒊𝒍𝒕𝒚 𝒑𝒍𝒆𝒂𝒔𝒖𝒓𝒆 📝
𝐸𝑠𝑖𝑠𝑡𝑜𝑛𝑜 𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒𝑟𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑔𝑜𝑑𝑢𝑡𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑙𝑝𝑎: 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑎𝑛𝑧𝑜𝑛𝑒 (𝑈𝑛𝑤𝑟𝑖𝑡𝑡𝑒𝑛) 𝑜 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎 𝑟𝑜𝑚𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑎 (𝐴𝑛𝑦𝑜𝑛𝑒 𝐵𝑢𝑡 𝑌𝑜𝑢).

♥♥♥

L'inaspettato successo al botteghino di "Anyone But You" ("Tutti tranne te") ha spinto molti a parlare di un possibile revival della commedia romantica dopo un decennio in cui è stata sempre più spesso relegata a canali tematici e uscite direct-to-video.

Questo abbandono e successivo recupero della romcom ("romantic comedy") può essere esemplificato dalla diversa ricezione di due Classici Disney usciti a 10 anni di distanza l'uno dall'altro: se il pubblico del 2013 aveva elogiato Elsa di "Frozen" per il fatto di non cadere vittima di fantasticherie romantiche, restando single al termine della sua storia (come Merida e tutte le principesse successive), quello del 2023 ha rimpianto il fatto che in "Wish" non ci fosse una storia d'amore fra Asha e Starboy, l'incarnazione maschile della Stella dei desideri presente in alcune versioni precedenti della storia.

Non tutte le storie devono per forza includere l'amore romantico, ma questo non vuol dire che quelle che lo includono vadano messe al bando. Si teme spesso che un film incentrato su una relazione sentimentale fra un uomo e donna possa veicolare una visione retrograda dei ruoli di genere. Tuttavia, non è per forza così. Anzi, spesso sono proprio le romcom a mettere in luce, prima di altri generi, l'evoluzione delle dinamiche interne ai rapporti eterosessuali.

Nel finale di #AnyoneButYou, ben lungi dal suggerire che quello di Bea e Ben sia un amore eterno, si lascia intendere che la storia della protagonista sia ancora tutta da scrivere, come Natasha Bedingfield canta in #Unwritten, canzone portante del film. Si potrebbe dire lo stesso della #romcom: non sappiamo se questo film darà effettivamente vita a un revival di questo genere, ma di sicuro costituisce una boccata d'aria fresca.

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#tuttitrannete #commediaromantica #guiltypleasure

Sul fronte della rappresentazione femminile, "Char

Sul fronte della rappresentazione femminile, "Charlie's Angels" è una serie complessa come l'epoca che l'ha data alla luce. Queste tre 'belle combattenti' hanno incarnato le tensioni di quel momento storico, nella seconda metà degli anni '70, in cui l'impegno socio-politico stava lasciando spazio al disimpegno a suon di disco music, a un passo dal contraccolpo conservatore che avrebbe portato Ronald Reagan a guidare gli Stati Uniti per tutto il decennio successivo: "Qui femminismo e anti-femminismo stavano in perfetto equilibrio", come scrive Susan Douglas in "Where the Girls Are. Growing Up Female With the Mass Media" (1994).
Così "Charlie's Angels" può essere letta come una serie femminista e anti-femminista, o meglio ancora post-femminista (ante litteram). Di sicuro, è stata una serie rivoluzionaria.

Scorri le immagini per saperne di più e acquista "Retromania 1", ora in edicola, per leggere la mia retrospettiva completa!

@spreacomics @moz_o_clock
#charliesangels #guerrieresailor #sailormoon #femminismo #culturapop #anni70 #anni90 #serietv #serieanni70 #seriecult #retromania

Il numero di AnimeCult con lo speciale su Sailor M

Il numero di AnimeCult con lo speciale su Sailor Moon è in edicola ancora per qualche giorno. 🎀
Per chi deve ancora leggerlo, ma anche per chi l'ha già letto, ecco un post dedicato al mio articolo "Make up! Il potere delle ragazze" con alcuni contenuti extra. 🌙
La rivista è nei negozi fino a mercoledì della prossima settimana, ma potrete recuperarla anche in seguito sul sito di @spreacomics ✨

Sull'ultimo numero di AnimeCult trovate un ricco d

Sull'ultimo numero di AnimeCult trovate un ricco dossier dedicato a Sailor Moon con diversi articoli scritti da me!

► 𝑺𝒆𝒙𝒚 𝒎𝒂𝒈𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒈𝒖𝒆𝒓𝒓𝒊𝒆𝒓𝒆: 𝒐𝒓𝒊𝒈𝒊𝒏𝒊, 𝒈𝒆𝒏𝒆𝒂𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂, 𝒇𝒐𝒏𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒊𝒔𝒑𝒊𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
Un tuffo nelle origini di Sailor Moon, fra maghette e ragazze combattenti, anime e live action. Da Cutie Honey a Minky Momo, da Poitrine a Sailor V.

► 𝑴𝒂𝒌𝒆-𝒖𝒑! 𝑰𝒍 𝒑𝒐𝒕𝒆𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒓𝒂𝒈𝒂𝒛𝒛𝒆
Le guerriere sailor come icone di una nuova femminilità dal Giappone all'Occidente: nei primi anni '90, anticipano il girl power delle Spice Girls, di Buffy e delle Superchicche.

► 𝑮𝒖𝒆𝒓𝒓𝒊𝒆𝒓𝒆 𝒕𝒓𝒊𝒄𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆: 𝒔𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂 𝒅𝒊 𝒖𝒏 𝒇𝒆𝒏𝒐𝒎𝒆𝒏𝒐 (𝒄𝒐𝒏 𝑴𝒊𝒌𝒊 𝑴𝒐𝒛)
Un viaggio nel tempo per riscoprire il fenomeno di Sailor Moon in Italia: ho scritto di home video, sigle, editoria, giocattoli, spot e molto altro!

► 𝑻𝒓𝒂 𝒔𝒐𝒈𝒏𝒐 𝒆 𝒇𝒖𝒕𝒖𝒓𝒐: 𝒍'𝒆𝒔𝒕𝒆𝒕𝒊𝒄𝒂, 𝒈𝒍𝒊 𝒂𝒎𝒃𝒊𝒆𝒏𝒕𝒊, 𝒍𝒐 𝒔𝒕𝒊𝒍𝒆 (𝒄𝒐𝒏 𝑴𝒊𝒌𝒊 𝑴𝒐𝒛)
Nel box "Il character design" ho messo a confronto lo stile di Kazuko Tadano con quello di Ikuko Itoh, e in "Come una fiaba" ho parlato dell'influenza delle illustrazioni fiabesche di Jun'ichi Nakahara nell'immaginario shōjo, da Sailor Moon a Utena.

AnimeCult 19 è in edicola, libreria, fumetteria e online. 🌙
@spreacomics @moz_o_clock

«𝚆𝚑𝚘 𝚒𝚜 𝙶𝚎𝚛𝚒 𝙷𝚊𝚕𝚕𝚒𝚠𝚎𝚕𝚕?».

Il 7 giugno 1999 usciva "Schizophonic", il primo album solista di Geri Halliwell dopo l’abbandono delle Spice Girls.
Il progetto viene lanciato dal video di "Look At Me", che pone allo spettatore una domanda semplice, ma dalla risposta complessa: «Chi è Geri Halliwell?».
Per spiegarlo si parte dall’immagine della “santa” e da quella della “peccatrice”, stereotipi opposti da incarnare e da sfatare allo stesso tempo, per arrivare fino al funerale di Ginger Spice.
Le apparenze, però, ingannano. E il mistero non viene risolto...

Scorri le immagini per leggere l'analisi completa ➝

Nel 1984, "LIke A Virgin" apre un capitolo fondame

Nel 1984, "LIke A Virgin" apre un capitolo fondamentale nella storia della musica e dell'immaginario pop. Si può dire che, con questo singolo, Madonna abbia forgiato l'idea della popstar come una figura che provoca discussioni e suscita riflessioni, toccando nervi scoperti e scardinando tabù e preconcetti della società, spesso in relazione alla condizione femminile.

L'anno prima, nel periodo di "Lucky Star", Madonna aveva cominciato a costruire la sua immagine sul doppio filo del sacro e del profano, indossando crocifissi come collane o orecchini: una scelta da lei stessa descritta come “anticonformista” e “ironica”, che “si abbina bene” al suo nome di Battesimo. Poi, con "Like A Virgin", Madonna estrae il carico da novanta: l'abito da sposa.

Nell'esibizione che apre i primi Video Music Awards, la popstar gioca sul contrasto fra “santa” e “peccatrice” con un piglio spregiudicato e un velo di ironia. Mettendo in scena quel delicato equilibrio di contraddizioni che la dipinge sia come un oggetto sessuale (la cintura dice "Boy Toy", "giocattolo dei ragazzi"), sia come il soggetto che controlla la propria sessualizzazione e si autodetermina anche in virtù di questa, Madonna si struscia sul pavimento del Radio City Music Hall, quasi mimando un amplesso sessuale: è l'Immacolata Concezione del post-femminismo.

Su "Like A Virgin" ho molto altro da dire: ne ho scritto su "Retromania", la rivista curata da Miki Moz (@moz_o_clock) per @spreacomics. 👰🏼‍♀️
La trovate in edicola, libreria, fumetteria e online.
Scopri di più: link nelle storie 💐

Nel 1976, le Charlie's Angels sono le prime ragazz

Nel 1976, le Charlie's Angels sono le prime ragazze a combattere in gruppo sulla TV statunitense. Le tre agenti irrompono in un ambito dominato dagli uomini senza rinunciare alla propria femminilità, che esprimono attraverso abiti, accessori e capelli all'ultima moda. Così facendo, danno vita a un filone di belle combattenti che invadono la cultura pop dagli anni '70 ai 2000, passando attraverso il girl power anni '90, fra guerriere Sailor e Spice Girls, quando la femminilità tradizionale viene riconnotata in ottica femminista.

Potete leggere la mia retrospettiva sul primo numero della nuova rivista "Retromania", curata da Miki Moz (@moz_o_clock) per @spreacomics, che esce OGGI in edicola, libreria e fumetteria!
Scopri di più: link nelle storie 💄

🪞"Priscilla” di Sofia Coppola🪞 PARTE 2 Me

🪞"Priscilla” di Sofia Coppola🪞
PARTE 2

Mentre il film si avvia verso il finale, Priscilla evade gradualmente dalla sua condizione di 'specchio' di Elvis, trovando il proprio riflesso - la propria individualità, la propria vita.
Priscilla abbandona Graceland accompagnata dalle note di "I Will Always Love You" e l'epilogo del suo rapporto sentimentale si sovrappone al racconto che l'autrice del brano, Dolly Parton, ha fatto del proprio (mancato) incontro artistico con Elvis. Soprannominata 'farfalla di ferro' per la sua grazia e per la sua tenacia, Dolly ha rifiutato di fare da specchio a Elvis quando lui, per registrare una cover di "I Will Always Love You", ha preteso di ottenere almeno la metà dei diritti d'autore sul pezzo. Unendo le esperienze di queste due donne che, in situazioni diverse, hanno avuto il coraggio di dire "No" al Re del rock'n'roll, Coppola mette a segno un beffardo (e commovente) finale che, da solo, vale tutto il film.

Scorri le immagini per leggere la seconda parte dell'analisi →

✹ #Priscilla (2023) di #SofiaCoppola è al cinema ancora per pochi giorni! ✹
@visionfilmdistribution

#femminismo #analisifemminista #filmfemminista #cinemafemminista #culturapop #elvispresley #priscillapresley #dollyparton #iwillalwaysloveyou

🪞"Priscilla” di Sofia Coppola🪞 PARTE 1 "D

🪞"Priscilla” di Sofia Coppola🪞
PARTE 1

"Dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna", recita un noto detto popolare. Dietro a un apparente riconoscimento, si cela uno dei concetti fondamentali espressi da Virginia Woolf in "Una stanza tutta per sé" (1929), ossia l'idea che gli uomini che hanno fatto la storia - la scrittrice cita lo zar e il Kaiser, Napoleone e Mussolini - non avrebbero potuto compiere le proprie imprese se non avessero potuto contare sulla presenza delle donne nella loro vita. Donne non in quanto esseri umani, ma in quanto specchi che, per compiacere l'ego maschile, riflettono l'immagine dell'uomo al doppio delle sue dimensioni reali. Non sorprende che Sofia Coppola, anziché raccontare la vita di un uomo che ha fatto la storia della musica e della cultura pop, abbia voluto concentrarsi sul suo 'specchio', dandole uno sguardo e una voce.

"Priscilla" è la storia di una ragazza che cresce all'ombra del Re del rock'n'roll e diventa donna nel momento in cui riesce a liberarsene.
Scorri le immagini per leggere la prima parte dell'analisi →

✹ #Priscilla (2023) di #SofiaCoppola è al cinema da oggi! ✹
@visionfilmdistribution

#virginiawoolf #unastanzatuttapersé #sguardomaschile #femminismo #analisifemminista #filmfemminista #cinemafemminista #elvispresley #priscillapresley #culturapop

Sarebbe difficile (e prematuro) intraprendere un’analisi precisa e approfondita del contesto sociale che potrebbe aver influenzato i Classici Disney prodotti fra il 2018 e il 2023, considerando che sono trascorsi appena cinque anni dal primo di questi.
Tuttavia, possiamo tracciare alcune coordinate di base...

Ed ecco che "Ralph Spaccainternet" (2018) ci racconta qualcosa sul modo in cui le principesse Disney sono percepite sul web, mentre "Frozen II" (2019) arriva a ridosso della rinuncia del titolo da parte del principe Harry Windsor. I due film del 2021, "Raya e l'ultimo drago" e "Encanto", evocano lo spettro della pandemia in corso, mentre "Wish" (2023) mette in scena uno scontro rilevante sul fronte generazionale, razziale e di genere.

Scorri le immagini per leggere l'analisi completa (spoiler sul finale di "Wish" nell'ultima slide) ➜

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Dal 1989 al 1999, l’incredibile successo dei fil

Dal 1989 al 1999, l’incredibile successo dei film d’animazione del Rinascimento Disney ha fatto gola a molti studi concorrenti, ansiosi di adottare la stessa formula nella speranza di ottenere i medesimi riscontri...

In collaborazione con Nicola Carollo (@nick_wilde7), vi propongo una rapida disamina delle principali principesse non-Disney degli anni ’90, con qualche nota sugli autori (che in molti casi arrivano proprio dalla Disney), sui punti di contatto con le fiabe disneyane e sulla rappresentazione femminile che queste figure restituiscono. Se i film del Rinascimento Disney offrono nuove immagini di principesse che, pur attingendo alla tradizione, prendono in considerazione le vittorie del femminismo di Seconda Ondata e le suggestioni della Terza, le principesse a loro ispirate presentano un connubio non altrettanto riuscito, pagando lo scotto di non aver compreso appieno le dinamiche che hanno ispirato la caratterizzazione di figure come Ariel, Belle e Jasmine. In ogni caso, è interessante analizzare questi tentativi per mettere in luce sia le prevedibili convergenze sia le inaspettate divergenze.

Le principesse di cui abbiamo scritto in quest'articolo raccontano di un'epoca in cui la Disney regnava incontrastata e gli altri studi cercavano di adattarsi e da lei prendevano qualcosa, a volte guardando troppo indietro, altre volte volgendo inaspettatamente lo sguardo in avanti, forse senza rendersene conto. Si tratta di film che non hanno fatto la storia, ma che, proprio attraverso le loro lacune, sono in grado di offrirci un punto di vista alternativo sul Rinascimento Disney. Una nota a margine nella storia del cinema d’animazione statunitense.

👸🏼Link in bio e nelle storie 👸🏻

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Con l'uscita di "Wish" tiriamo le somme di un quin

Con l'uscita di "Wish" tiriamo le somme di un quinquennio nebuloso per la Disney.
Alla fine degli anni '10, l'insicurezza derivata dalle dimissioni di John Lasseter, principale fautore della precedente era Revival (2009-2016), spinge gli studios a puntare sull'usato sicuro, con i sequel di "Ralph Spaccatutto" e "Frozen": entrambi riscuotono un ottimo successo al botteghino, ma vanno incontro a feroci critiche, soprattutto da parte degli appassionati, e falliscono nel tentativo di imprimersi nell'immaginario collettivo al pari dei rispettivi primi film.
E poi, terminato il Revival, sembrano ripetersi alcune delle dinamiche che avevano caratterizzato il periodo appena successivo al Rinascimento (1989-1999): ecco che rientra in scena la sperimentazione di genere, con l'action, il fantasy e la fantascienza che fanno capolino in "Raya" e soprattutto in "Strange World", replicando i flop dei primi anni '00.
Ormai è ufficiale: ci troviamo in una nuova epoca buia, o quantomeno grigia, incolore. Si tratta di film non per forza pessimi, ma sicuramente dimenticabili. L’immagine della nebbia rende bene l'idea di una Disney che naviga a vista, ma senza vedere nulla. Manca proprio la consapevolezza: non sanno dove sono e dove stanno andando. In questo contesto, anche il successo di "Encanto", come la fioca luce di una candela nel buio, si fa testimone di una Disney minore, ben lontana dai trionfi dello scorso decennio. L'exploit di questo film, relegato allo streaming, riflette il buon riscontro di diversi dei Classici Disney delle epoche buie precedenti, anche in virtù di una narrazione più semplice, prosaica, ben lontana dall'epicità che caratterizza i capolavori delle ere più blasonate.

Per il quarto anno consecutivo, com'è ormai tradizione durante le Feste, procediamo con le analisi cronologiche delle principesse Disney facendo il punto di questi ultimi 5 anni, fra contesto produttivo e contesto storico-sociale, con questo post e con il prossimo. ♛
Scorri le immagini per saperne di più ➔

#principessadisney #principessedisney #classicodisney #classicidisney #cartonidisney #fiabedisney #filmdanimazione

Un film che lascia a desiderare...💫 Volente o n

Un film che lascia a desiderare...💫
Volente o nolente, #Wish racconta molto della crisi in cui versa la Disney.

Nel film che omaggia il centennale dello studio non c'è nessuna vera magia, solo giochi di prestigio. Ripescare gli elementi più caratteristici della tradizione disneyana è un espediente che non basta a mettere a segno il trucco. La Disney di oggi è un illusionista che non riesce a estrarre niente di nuovo dal proprio cilindro. 🎩

La mia recensione in anteprima è sul sito, senza spoiler.
Link in bio e nelle storie. ⭐
Wish è al cinema da domani! ✨

🔥«Io non sono un trofeo da vincere!»🔥 A 3

🔥«Io non sono un trofeo da vincere!»🔥

A 30 anni dall’uscita di #Aladdin in Italia, la ferocia, l’audacia e la fierezza di Jasmine ardono ancora come il primo giorno.
Orgogliosa, altera, sicura di sé: Jasmine è la prima principessa Disney ad essere conscia del proprio valore, e quindi del proprio potere, del proprio carisma e del proprio fascino, anche sessuale. Non sopporta di essere sottovalutata, presa per stupida, trattata come un oggetto dagli uomini in scena. Esige il controllo sul proprio destino e non si piega di fronte a nessuno. È conscia del proprio privilegio ed è pronta a sfruttarlo, ma anche a disfarsene per essere davvero libera.

“Questa voce nessuno la spegne” azzarderà la Jasmine del fiacco remake in live action del 2019, ma per la Jasmine originale non si tratta di un’azzardo, bensì di un fuoco che arde spontaneamente, alimentato dalla doppiatrice italiana Manuela Cenciarelli.
Nella sua interpretazione, Cenciarelli si lascia trascinare dalle emozioni di Jasmine, dando tutta sé stessa. Se l’interprete americana liquidava Aladdin con noncuranza nella scena del balcone, lei lo “distrugge” letteralmente, ma con altrettanta passione si lascia andare a un sognante «È tutto così magico!» poco più tardi.

Manuela Cenciarelli definisce Jasmine una ‘donna completa’, ovvero un personaggio sfaccettato che mostra diverse parti di sé nel corso della storia.
La ragazza che non ha mai messo piede fuori dal palazzo pecca d’ingenuità, ma allo stesso tempo impara in fretta, sta al gioco, e in quanto ad arguzia batte perfino lo ‘straccione’ cresciuto per strada. Tiene testa al cattivo più di qualsiasi altra principessa sia riuscita a fare con l'antagonista della propria storia, ma corre via in lacrime come Aurora alla notizia che il suo amato è stato giustiziato. Accudisce gli uccellini, come farebbero Biancaneve e Cenerentola, ma poi apre la gabbia e li lascia volare liberi.

Le sfumature di Jasmine riflettono quelle di una donna in carne e ossa ed io, per celebrare al meglio questo 30° anniversario italiano, ho scelto di intervistare proprio la donna in carne e ossa che ha dato la voce a Jasmine.
Scorri le immagini per leggere la mia intervista →

Grazie all'invito di @disneyit, ho potuto partecip

Grazie all'invito di @disneyit, ho potuto partecipare all'anteprima stampa del nuovo Classico Disney, "#Wish", e all'incontro della stampa con i registi, i produttori e i doppiatori, che ho seguito da remoto (io ero a Milano, l'evento era a Roma).💫
La mia domanda è stata scelta e letta sul palco, trovando la risposta della co-regista, Fawn Veerasunthorn (@fawnv), che vi riporto in questo post. 🌟
Presto vi parlerò meglio di questo film, stay tuned!

#classicodisney #classicidisney #filmdisney #cartonidisney #principessedisney #filmdanimazione #anteprimastampa #disneyitalia

A metà fra il ventesimo anniversario di #Wicked e

A metà fra il ventesimo anniversario di #Wicked e il decimo anniversario di #Frozen, riflettiamo sull'influenza del primo non solo sul secondo, ma sull'immaginario Disney in generale, perfino sul nuovo #Wish (a giudicare da quanto si vede nel trailer). ✨

Agli albori del Nuovo Millennio, l’immagine dell

Agli albori del Nuovo Millennio, l’immagine della principessa moderna spopola nei teen movie statunitensi, da “Pretty Princess” a “A Cinderella Story”, riflettendo l’emergere di nuove identità femminili attraverso l’accostamento di elementi in apparente contraddizione: abiti da ballo e scarpe da ginnastica.
👟👑

Nel mio ultimo articolo parto dall’analisi delle locandine dei film in questione per intavolare un discorso più ampio sulle dinamiche contraddittorie che regolano la rappresentazione femminile nei prodotti mediali dei primi anni ‘00, tracciando un profilo del filone di film a tema principesse che ha avuto particolare fortuna in quel decennio. Nella sezione conclusiva, prendo “A Cinderella Story” come case study per mettere in luce una sinfonia di dissonanze in perfetto equilibrio all’interno del film: fiaba e realtà, maschile e femminile, sport e glamour, principessa e sguattera.

👸🏻Analisi completa sul sito: link nelle storie👸🏼

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"C'è ancora domani" (2023) di Paola Cortellesi ci

"C'è ancora domani" (2023) di Paola Cortellesi ci riporta alla mente la storia di Cenerentola.
Una storia che appare sempre contemporanea sebbene sia ambientata nel passato, che si tratti di un remoto e immaginario 'C'era una volta...' o del 1946, anno in cui è ambientato il film di Cortellesi, solo quattro anni prima che uscisse il Classico Disney "Cenerentola".
È la storia di una moltitudine di donne che ritroviamo, non a caso, sia nella locandina del film, sia nella scena finale. Quella di Delia, interpretata da Paola Cortellesi, è solo una storia in mezzo a mille, su cui il film intende fare luce in rappresentanza di tutte le altre. Forse non è un caso che, al termine del film, il marito violento di Delia faccia fatica a trovare la moglie in mezzo a una folla di donne come lei. Donne che hanno vissuto un'esperienza comune che, come vediamo nel film, presenta differenze a seconda della classe sociale, ma con un elemento ricorrente: il fatto di essere azzittite dagli uomini. E allora, con la bocca chiusa, queste donne mettono in atto una resistenza silenziosa, fatta di piccoli passi in avanti. Sono donne che non hanno fatto rumore, a differenza delle femministe che arriveranno qualche decennio più tardi, ma sono donne di cui non dobbiamo dimenticarci.
Questa è la loro storia.

𝐸 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑠𝑐𝑢𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑒𝑔𝑔𝑒𝑟𝑚𝑖 𝑛𝑒́ 𝑎𝑟𝑚𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑖𝑓𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑚𝑖
𝑁𝑒́ 𝑐𝑎𝑠𝑐ℎ𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑛𝑎𝑠𝑐𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑚𝑖 𝑜 𝑠𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎 𝑐𝑢𝑖 𝑟𝑖𝑣𝑜𝑙𝑔𝑒𝑟𝑚𝑖
𝐶𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑙𝑖𝑛𝑔𝑢𝑎 𝑖𝑛 𝑏𝑜𝑐𝑐𝑎
𝐸 𝑠𝑒 𝑚𝑖 𝑡𝑎𝑔𝑙𝑖 𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎
𝐼𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑖 𝑓𝑒𝑟𝑚𝑜, 𝑠𝑐𝑢𝑠𝑎
𝐶𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑎 𝑏𝑜𝑐𝑐𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑢𝑠𝑎
(Daniele Silvestri - A bocca chiusa)
___
Scopri di più scorrendo le immagini ➡️
⚠️ Attenzione: spoiler sul finale del film ⚠️

#paolacortellesi #cèancoradomani #cinemaitaliano #cinemaitalianodiqualità #femminismo #suffragiouniversale #cenerentola

«Perché non reagisce? Perché non si ribella? Pe

«Perché non reagisce? Perché non si ribella? Perché non scappa?» sono le principali domande che si pongono i detrattori di Cenerentola. Perfino nel parlare della protagonista del Classico Disney si cade nel victim blaming, ossia nella colpevolizzazione della vittima, proprio come nella realtà. Ce ne parla stasera la Dott.ssa @psicologa_irenecane, psicologa clinica che si occupa di abusi fisici e psicologici, con un prezioso intervento durante la discussione post-visione di "Cenerentola" sul mio canale Discord (link nelle storie). 👑

✏️#BackToSchool🎒 In occasione della riaper

✏️#BackToSchool🎒

In occasione della riapertura delle scuole, vi porto negli anni '80 per (ri)scoprire un cult della commedia (nera) scolastica, "#Heathers", attraverso un'analisi cromatica.📚
E allora togliamo il cellophane da un'immaginaria scatola di evidenziatori e mettiamoci a sottolineare, con colori diversi, le caratterizzazioni delle protagoniste.🖍️🎨

[Spoiler nell'ultima slide, fonti consultate nei commenti].

#scheggiedifollia #anni80 #teenmovie #filmanni80 #teenmovieanni80 #adolescenti #ritornoascuola #adolescentianni80 #ragazzeanni80 #ragazzianni80 #analisicromatica #analisideicolori #commedianera #1989 #filmcult #cultmovie

Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segn

Nella storia del cinema d'animazione, il 2001 segna una netta rottura con un passato recente, caratterizzato dai successi del Rinascimento Disney (1989-1999).
Il 18 maggio 2001, questo castello incantato viene completamente spazzato via dalla dirompenza di "Shrek". Solo tre giorni più tardi, un uragano altrettanto potente si abbatte sul mondo delle bambole con l'uscita delle Bratz.

Per molte persone nate nei primi anni ‘90, il 2001 costituisce uno spartiacque fra l’infanzia e la pre-adolescenza, sancito dalla rottura di più schemi: Shrek distrugge la fiaba Disney; le Bratz distruggono Barbie, ma soprattutto il modello di fashion doll che aveva imposto sul mercato, che nel corso degli anni ‘90 si era riflesso nelle bambole delle principesse Disney, di Sissi o di Anastasia.

In questa cornice, l’attentato dell’11 settembre acquisisce un’importante valenza simbolica che, in Italia, si arricchisce di un’efficace metafora visiva: le immagini delle torri in fiamme interrompono una puntata della Melevisione. Ad occhi infantili, sono le torri di un castello da fiaba ad andare a fuoco, interrompendo bruscamente non solo il programma, ma anche l’età dell’innocenza e il suo immaginario costellato di fiabe e sogni.

Nell’ultima scena prima del ‘nero’ appare la Principessa Odessa, l’ultima principessa prima del dramma. Eppure, la fiaba non muore qui, anzi: questo momento segna un passaggio di testimone tra due generazioni di bambine e di principesse. E così, il 2 ottobre, a meno di un mese dall’attentato, Mattel lancia una serie di film d’animazione basati su fiabe, classici della letteratura volti al femminile e storie originali in cui le principesse giocano spesso un ruolo fondamentale.

E così, Barbie acquista rilevanza per una nuova generazione vestendo i panni della principessa in un mondo dominato da Shrek e Bratz. Con i suoi film, aprirà la strada alle principesse Disney successive sotto diversi aspetti: il tema del viaggio, il conflitto fra sogno romantico e professionale, il numero di figure femminili in gioco e i loro legami, la divergenza dagli stereotipi di genere...

🎀 Scorri le immagini per saperne di più →
♛ Con la consulenza di @vittoriopiorosario ♛

Grazie al potere della resilienza, ogni principess

Grazie al potere della resilienza, ogni principessa è in grado di salvare sé stessa e tutte/i noi. 👑
Ma cosa significa davvero essere una principessa e chi può esserlo?
Una piccola principessa, nel romanzo di Frances Hodgson Burnett del 1905 e nel film di Alfonso Cuarón del 1995, ci dà la risposta.
Scorri le immagini per scoprirla→

Riferimenti bibliografici:

Peggy Oreinstein, "What's Wrong With Cinderella?", New York Times, 2006.

Virginia Postrel, "The Power of Glamour: Longing and the Art of Visual Persuasion", Simon & Schuster, 2013.

Sarah Rothschild, "The Princess Story: Modeling the Feminine in Twentieth-Century American Fiction and Film", Peter Lang, 2013.

#lapiccolaprincipessa #unapiccolaprincipessa #principessa #principesse #fiabe #fiaba #biancaneve #cenerentola

Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pien

Ogni volta che va in onda, #PrettyWoman fa il pieno di ascolti. Quest'anno ha raggiunto la sua trentunesima replica, il che significa che è stato trasmesso in media una volta all'anno da quando ha debuttato sulla tv italiana, nel 1992.
Nell'imperituro successo di questo film si cela il meccanismo tipico della fiaba, che gode proprio della rassicurante dinamica della ripetizione: vogliamo riascoltare le stesse storie per rivivere, ogni volta, la magia di un lieto fine, nella certezza che anche questa volta tutto si aggiusterà, e nella speranza che sia così anche nella vita reale.
"C'era una volta..." e poi "ancora una volta", come suggerisce Aldo Grasso.

In fondo, gli elementi della fiaba ci sono quasi tutti: Vivian è la ragazza povera, ma nobile di cuore, che partecipa al ballo (qui le serate sono due come nella Cenerentola di Perrault, al ristorante e poi all'Opera, ma se contiamo la partita di polo gli appuntamenti sono tre, come nella versione dei fratelli Grimm), grazie alla Fata Madrina (il direttore dell'hotel, o la carta di credito di Edward), che le regala un nuovo abito con cui farà sfigurare le 'sorellastre' che l'avevano disprezzata (le commesse della boutique di Rodeo Drive).

"Pretty Woman" esce nel 1990, l'anno in cui – come scrivono Elaine J. Hall e Marnie Salupo Rodriguez – la sensibilità post-femminista prende definitivamente piede negli Stati Uniti, dando inizio a una nuova era in cui le donne ricominciano a sognare di abiti scintillanti, balli sontuosi e principi azzurri, ma senza rinunciare alle vittorie del femminismo.
"Pretty Woman" potrebbe essere considerata la Genesi della fiaba (post-)moderna e post-femminista, con Vivian ed Edward come novelli Adamo ed Eva.

La mela della conoscenza è qui simbolo della conoscenza sessuale di Vivian, che la pone in contrasto con la tipica concezione della principessa (Disney e non) come simbolo di purezza assoluta. Vivian è, però, pura di cuore: bella dentro e fuori, come la più classica delle principesse, e quindi ottiene comunque il suo lieto fine.

Continua nei commenti ↓
Il resto dell'analisi è nelle slide →
Nelle storie trovi i link a tutti i miei articoli a tema #principesse postfemministe 👑

70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la

70 anni fa, #VacanzeRomane cambiava per sempre la rappresentazione delle principesse nei prodotti mediali.

👑 Ann (#AudreyHepburn) è una principessa vivace e moderna, insofferente al protocollo e in disperata ricerca di una via d'uscita da una vita noiosa e opprimente. In visita a Roma, fugge dalla sua stanza per avventurarsi in giro per la città, innamorandosi di un uomo comune. Un amore a cui dovrà rinunciare per assolvere al proprio dovere di #principessa.

👑 La sua storia riflette non solo la vita di tante principesse realmente esistite (da Margaret a Diana), ma anche la realtà delle teenager americane degli anni '50.

👑 Il suo aspetto e la sua caratterizzazione ispirano gran parte delle #PrincipesseDisney (e non solo), dagli anni '50 in poi.

Scorri le immagini per saperne di più ➜

♛♛♛

Per approfondire il tema delle #principesse (Disney e non), puoi leggere i seguenti articoli sul mio sito (link in bio):

👸🏼”Rose di Titanic è una #PrincipessaDisney": viaggio alla scoperta di un archetipo, tracciando parallelismi fra Rose e le principesse Disney.

👸🏻”Principesse del loro tempo: 1937-1959": analisi di Biancaneve, Cenerentola e Aurora in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏽”Principesse del loro tempo: 1989-1999": analisi di Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan in relazione alla moda e al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

👸🏿"Principesse del nostro tempo: 2009-2016": analisi di Tiana, Rapunzel, Merida, Elsa, Anna e Vaiana in relazione al contesto sociale degli anni in cui sono usciti i loro film.

Riferimenti bibliografici del post:

👑 Sam Wasson, "Fifth Avenue, 5 A.M.: Audrey Hepburn, Breakfast at Tiffany's, and the Dawn of the Modern Woman", 2010.

👑 Rachel Moseley, "Trousers and tiaras: growing up with Audrey Hepburn", 2000.

👑 Miriam Forman-Brunell, Julie Eaton, "The Graceful and Gritty Princess. Managing Notions of Girlhood from the New Nation to the New Millennium", 2009.

Il successo di #Barbie (2023) è straordinario. Pa

Il successo di #Barbie (2023) è straordinario.
Parliamo di un film che ha fatto la storia del cinema ancora prima di uscire, imponendosi come un importante 'precedente' nella produzione di blockbuster diretti, sceneggiati, incentrati e rivolti alle donne.
A poco più di un mese dalla sua uscita, guardiamo indietro (e avanti) per capire in che modo ha saputo rispondere così bene alle esigenze del pubblico contemporaneo, e come sta già scrivendo il futuro.

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#BarbieIlFilm #Barbiecore

L’estate volge al termine insieme alla #PinkSumm

L’estate volge al termine insieme alla #PinkSummer, la rubrica che ci ha accompagnato fra luglio e agosto al grido di “Il mercoledì ci vestiamo di rosa!”. 🎀
In quest’ultimo appuntamento celebriamo Betty Rizzo in occasione del 45° anniversario dell’uscita di #Grease (1978) in Italia.

Qui il rosa assume una connotazione sessuale, legandosi al rosso e al nero, tanto che Rizzo definisce Sandy “troppo pura per essere pink”, ovvero per far parte delle sue Pink Ladies.
Rizzo è concreta, sarcastica, schietta. Ama fare sesso con gli uomini, ma è disillusa e diffidente nei loro confronti, al netto delle sue precedenti delusioni, e cerca di mettere Sandy davanti alla realtà. Si meraviglia del fatto che il fantomatico principe azzurro di cui la “santarellina” racconta non si sia ancora approcciato a lei in modo sessuale e per questo arriva a definirlo “inquietante” - un po’ perché per lei il sesso è una componente fondamentale in una relazione (e infatti il resoconto sdolcinato di Sandy l’annoia), un po’ perché sa come sono fatti gli uomini. Quando scopre che il ragazzo in questione è Zuko, organizza un incontro fra i due per sbugiardarlo, aprendo gli occhi a Sandy.

Qui, sorprendentemente, la “poco di buono” (Rizzo) non viene punita con una gravidanza indesiderata, mentre la “brava ragazza” (Sandy) capisce che deve lasciarsi andare, prendendo esempio dalla “cattiva”. Assistiamo a un breve momento di intesa fra le due e, per un attimo, sembra che questi due modelli femminili possano convivere ed essere solidali fra loro. La risoluzione finale complica le cose, ma non affronteremo il discorso della “trasformazione” di Sandy in questa sede. Notiamo un piccolo cambiamento anche in Rizzo, però, che sembra voler credere di più alla relazione con Kenickie, in linea con quanto dimostrato da Sandy. Non si parla certo di Vero Amore né tanto meno di nozze imminenti, ma Rizzo sembra più serena. La cosa migliore, però, è il fatto che non sia costretta a cambiare drasticamente per ottenere un lieto fine: Rizzo non abbandona mai il rosa, né tanto meno il rosso o il nero. In altre parole, non abbandona mai sé stessa.

Scorri le immagini per leggere il resto dell’analisi ➔

#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmi

#YesAllWomen: Carolina Capria (@lhascrittounafemmina) sta raccogliendo e condividendo centinaia di testimonianze di donne che hanno subito abusi sessuali. Un'iniziativa che dà voce al genere femminile, evidenziando quanto la molestia sia frequente e normalizzata. Scrivendo di personaggi femminili nella cultura pop, vorrei offrire un piccolo contributo alla conversazione riportando alla luce la delicatezza e la chiarezza con cui #LaMelevisione ha trattato l'argomento per un pubblico infantile, evidenziando elementi e sfumature presenti nei racconti di tante persone che hanno subito abusi. Nell'episodio "Il segreto di Fata Lina", andato in onda su @instarai3 circa 20 anni fa, Tonio Cartonio (@danilo_bertazzi) promuove l'importanza di parlare del problema, sostenendo l'amica Fata Lina (@paolacaterinadarienzo) in un momento vissuto con paura, vergogna, senso di colpa. Lui le legge la 'filastrocca dei segreti pesanti', lei dice che vorrebbe "impararla a memoria, e far sì che tanti altri la conoscano", e io ve la riporto nelle ultime slide. Nel monologo finale, Tonio evidenzia ancora l'importanza di parlare del trauma, per quanto possa fare male: «Queste cose lasciano un brutto segno nella memoria [....]. Raccontarle alle persone che ci vogliono bene e che ci proteggono fa sì che tutte queste brutte esperienze e questi brutti ricordi non abbiano più il potere della paura».

Scorri le slide per leggere l'analisi completa ➡️
Clicca su "Il segreto di Fata Lina" nelle mie storie in evidenza per guardare altre clip dalla puntata 🧚

«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idio

«Si incipria molto il naso, ma non sembra un'idiota» 💄🏁
Con la sua femminilità ultra-stereotipata, Penelope Pitstop, unica donna al volante in "Wacky Races" (1968-69), avrebbe potuto facilmente diventare il bersaglio di critiche da parte delle femministe a lei contemporanee, e forse lo è anche stata, ma dal 1970 ci arrivano ben due testimonianze di come il suo personaggio potesse costituire un'eccezione virtuosa nel panorama delle serie animate statunitensi dell'epoca, incarnando (e sfidando) lo stereotipo della femminilità senza che questo la ostacoli nella sua corsa al successo. 🏎️
Scorri le immagini per saperne di più →

70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente al

70 anni fa, il rosa si legava indissolubilmente alla femminilità in ogni sua sfumatura, mettendo in luce una dicotomia di cui dobbiamo ancora liberarci.
Da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy e ritorno, un viaggio cromatico nel cuore della #PinkSummer. 🎀
Analisi completa sul rosa: link nelle storie (e nella sezione LINK delle storie in evidenza).

#colorerosa #femminilità #marilynmonroe #idiamantisonoimiglioriamicidelledonne #gliuominipreferisconolebionde #ilmercoledìcivestiamodirosa #ilcolorerosa #femminismo #culturapop #rosashocking #larivincitadellebionde #jackiekennedy

«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte

«Tutte queste donne sono Barbie e Barbie è tutte queste donne».

🪞 Contiene spoiler su "Barbie" (2023) 🪞

Il film di Barbie non è un film su Barbie.
O meglio, Barbie è solo un pretesto. L'elogio di questa icona di plastica viene meno, di fronte alla celebrazione dell'umanità femminile. Quell'umanità che prende vita sullo schermo quando Barbie, sul finale, si abbandona alle emozioni, mentre assistiamo a un montaggio di filmini famigliari che mostrano donne di diverse età, soprattutto bambine e anziane. Due mondi che costituiscono l'inizio e la fine di quell'avventura che Barbie decide di vivere. E così Barbie sperimenta, in quei pochi secondi, tutta la vita che l'aspetta. Fino a quel momento, l'assaggio che ha avuto dell'esperienza femminile non è dei migliori - nel Mondo Reale ha trovato soprattutto tristezza, disagio e sofferenza, ma sono emozioni che ha provato, per la prima volta, in modo autentico. E così, Barbie sceglie di essere donna. O forse sceglie di crescere, se immaginiamo il suo Eden come una rappresentazione dell'idealismo infantile, e lo scontro con la realtà come il passaggio all'adolescenza, con tutte le sue insicurezze. «Sei belllissima», dice all'anziana sulla panchina, e così Barbie abbraccia tutte le fasi della vita.

Il suo percorso riflette l'esperienza della femminilità nel modo più sincero e ampio possibile, il che passa naturalmente da una riflessione su cosa significhi essere una donna in un mondo patriarcale. Parlando di femminilità in senso universale, non c'è spazio per parlare di iperfemminilità (in barba al #Barbiecore), né per valorizzare a dovere l'icona stessa, stereotipo di sé stessa e al contempo rappresentante di tutte le donne nell'accettazione della sua ordinarietà.

"Barbie" è un film che racconta l'imperfezione con imperfezione e quindi anche con autenticità, sotto una patina di artificio.
Quando Barbie, a inizio film, si ammira in uno specchio finto, il testo della canzone di Lizzo l'accompagna dicendo: «Se quello fosse un vero specchio, vedresti un sorriso perfetto». A fine film, il sorriso di Barbie è imperfetto, ma il riflesso è reale.
Non più Barbie Roberts, ma Barbara Handler.

Scorri per leggere il resto→

"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBiond

"Legally Blonde", in Italia #LaRivincitaDelleBionde, è un film del 2001 che con leggerezza e intelligenza sfata lo stereotipo che lega il colore rosa, e quindi l'iper-femminilità, a qualcosa di frivolo, superficiale, stupido. 🎀

#ElleWoods apre trionfalmente un decennio che tenderà verso l'opposto, ossia verso la demonizzazione delle bionde che vestono di rosa. Oggi, #LegallyBlonde rappresenta un'eccezionale rivincita retroattiva del rosa, in un periodo in cui il femminismo ricomincia ad abbracciare questo colore e tutto il complesso bagaglio di connotazioni e contraddizioni che si porta dietro, dalla tradizione alla rivoluzione. 💅🏻

Per leggere l'analisi completa sul film (e sul rosa), clicca sul link nelle storie 💄

Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 ann

Incarnando lo spirito del tempo per più di 60 anni, #Barbie è diventata un'icona di ogni tempo e senza tempo. ✨

In occasione dell'uscita di #BarbieIlFilm, ripercorriamo la storia di quella che non è semplicemente una bambola, ma la rappresentazione plastica di un'ideale femminile in continuo movimento. Quasi un controsenso, non credete?

I modelli che ho selezionato rappresentano piccoli frammenti sospesi nel tempo: tutti insieme, raccontano la storia di Barbie, ma soprattutto la nostra storia. Dal 1959 ad oggi, in senso letterale, con l'ultimo paragrafo (appena aggiunto) che riflette sul #Barbiecore e su cosa il successo del film di #GretaGerwig sembra volerci dire sul futuro di questa bambola.
Link nelle storie in evidenza 🎀

«I need a little fabulous, is that so wrong?» 💎

Viviamo in un'epoca in cui la rivalutazione di personaggi e prodotti mediali è all'ordine del giorno. Uno dei decenni maggiormente colpiti dal fenomeno è quello degli anni '00, complice l'ascesa di una generazione di giovani donne che sono cresciute in quel periodo, magari ammirando Paris Hilton e Britney Spears, senza capire perché il mondo degli adulti ce l'avesse così tanto con i loro idoli. Adesso, che le adulte sono loro, sono pronte a rimodellare la narrazione attorno ai personaggi della loro infanzia e adolescenza.

Una delle figure a giovare di questo revisionismo pop è Sharpay, villain di #HighSchoolMusical, che prende lo stereotipo della 'mean girl' vestita di rosa e lo porta all'estremo. Il fatto che sembri diventare buona alla fine di ogni film della trilogia, per poi tornare cattiva all'inizio del successivo, è un delizioso controsenso che non va tuttavia ad intaccare la vera coerenza di Sharpay: a differenza di altre 'ragazze cattive' di quel decennio, lei non abbandona mai rosa, strass e paillettes.

C'è anche da dire che, a differenza di quanto vediamo in #MeanGirls (2004), la sua iperfemminilità non è in cima alla 'catena alimentare' della scuola (tanto che la sua vanità è oggetto di scherno da parte dei Wildcats), tanto che la sua trionfale entrata in scena nel terzo film sembra rispecchiare la percezione del pubblico che l'ha amata più che quella dei suoi effettivi compagni di scuola. Nella realtà del film, Sharpay appare più come un'outsider: con i suoi eccessi, trasgredisce alle norme che regolano il microcosmo di cui fa parte. Non può essere buona in quell'universo perché non ne condivide i valori. Il fatto di essere la villain le concede la libertà di trasgredire e per questo viene sempre punita, ma poco male. Se facciamo un confronto con Gabriella, che ottiene tutto ciò che vuole (amore e università di prestigio), ma canta (con Troy) "I just wanna be with you" ("Voglio solo stare con te"), sentire Sharpay cantare "I want it all", ossia "Voglio tutto quanto", senza vergogna e ipocrisia, è una boccata d'aria fresca.

Scopri di più sulle cattive in rosa nelle slide e al link nelle storie 🎀

Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la

Per inaugurare la nostra #PinkSummer, tracciamo la complessa relazione che da decenni lega il rosa alla femminilità. Una storia che, in relazione a #Barbie, non può prescindere dai cambiamenti a cui la società statunitense è andata incontro negli ultimi 70 anni.
La fisiologica alternanza fra progressismo e conservatorismo, nonché fra democratici e repubblicani, fa sì che questo colore venga imposto, rifiutato o rivendicato dalle donne, a seconda dei decenni.

Alla luce di questo, non c’è forse momento migliore di quello che stiamo vivendo per far uscire un film sulla bambola più famosa del mondo: la società contemporanea accoglie di buon grado rosa e iperfemminilità, ormai scevri delle loro connotazioni misogine e perfino riconnotati in ottica femminista, ma soprattutto c’è una gran voglia di divertimento dopo gli anni della pandemia, forse perfino a discapito della profondità che Barbie ha pur sempre portato con sé.
E infatti la Mattel prima affida il progetto a Greta Gerwig, nota per essere una regista ‘femminista’, e poi va in panico di fronte alla prospettiva che il film venga definito ‘femminista’. Ci stiamo forse dirigendo verso una nuova era post-woke in cui ‘femminista’ torna ad essere una parola tabù?

Quel che è certo è che l'uscita di “Barbie” (2023) è l’occasione giusta per far riconnettere quest’icona di plastica con il Mondo Reale, ammesso che non sia già successo: i folli outfit con cui Margot Robbie è stata fotografata sul set del film, l’anno scorso, hanno fatto scoppiare il fenomeno Barbiecore (vestiti rosa dappertutto!) e, qualche mese fa, abbiamo tutti condiviso sui social le nostre foto con la dicitura “This Barbie is…”.
Quindi, forse, il nostro mondo si sta già trasformando in Barbieland. 💅🏻

Oggi riabbracciamo il colore, il divertimento, la frivolezza e anche Barbie, ma con una nuova consapevolezza che deriva da un decennio in cui il femminismo è tornato ad essere al centro dell’immaginario collettivo. Una consapevolezza che permette alla stessa Barbie di tornare ad abbracciare senza vergogna tutto ciò che la rappresenta, a partire dal rosa.

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💄Scopri i miei articoli di approfondimento: link nelle storie!

«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettos

«Il [pensiero] Girlie dice che non siamo difettose, e che i nostri desideri non sono solo trappole esplosive impostate dal patriarcato. Il Girlie ingloba tutti i simboli tabù dell'inculturazione femminile - le Barbie, il make up, le riviste di moda, i tacchi alti - e sostiene che usarli non è sinonimo di "Siamo state fregate"».

Con questa dichiarazione di intenti, inclusa nel fondamentale saggio "Manifesta. Young Women, feminism and the future" (2000), Jennifer Baumgardner e Amy Richards mettono nero su bianco un concetto che caratterizzerà la Terza Ondata, ossia l'idea che la femminilità convenzionale, o meglio l'iper-femminilità, non sia antitetica al femminismo, e che anzi i suoi simboli possano essere oggetto di riappropriazione e rivendicazione in ottica femminista.

Esploreremo questo discorso non solo a luglio, nelle settimane che ci separano da "Barbie" (2023), ma per il resto dell'estate: benvenutə nella #PinkSummer di heroica.it!
Il giorno prediletto per la pubblicazione di post su questo tema?
Ovviamente il mercoledì, come insegna "Mean Girls" (2004)! 🎀

Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi

Sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo vi abbiamo presentato il nostro Mermaid Film Festival e su queste stesse note vi salutiamo con l’ultimo contributo: un podcast in cui raccontiamo com’è nato il Festival e discutiamo di tutti i film in programma, lasciando anche qualche indizio sul futuro… 🧜🏻‍♀️
Insieme a noi c’è @vittoriopiorosario, amante delle sirene che ha seguito con passione la nostra rassegna. 🐚
Ricordandovi che tutti i film sono disponibili sul canale @subclassics, e che le relative analisi sono raccolte sul sito di @heroica.it, vi salutiamo sperando che queste sirene dell’Est vi abbiano incantato. Dal Mar Mediterraneo di Giuni Russo (e di Ariel) alle più oscure e fredde acque dell’Est Europa, l’importante è credere sempre nelle sirene ✨
E chissà verso quali lidi ci condurrà il futuro…
Appuntamento a maggio 2024! 🌊
Per ascoltare il podcast, clicca sul link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🦪

Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo. Sembra e

Cielo, mare, terra e poi di nuovo cielo.
Sembra essere questo il percorso che traccia il destino delle nostre sirene, dai miti greci (in cui erano donne-uccello) alla Sirenetta di Andersen, che dopo essere stata sulla terraferma torna in cielo come le sue antenate, per diventare una “figlia dell’aria”. E in tutto questo c’è di mezzo anche una certa Ariel, che prende il suo nome dallo spirito dell’aria de “La Tempesta” di Shakespeare. 🌬️

E poi ancora l’assira Atargatis, la prima sirena dell’umanità, diventa tale perché si affoga come conseguenza di un amore impossibile: sono più o meno gli stessi elementi che danno origine alla Vila e alla Rusalka, rispettivamente nel folklore ceco e russo. E poi Undine, nel folklore germanico e nel racconto di De La Motte Fouqué: ancora un amore illecito e una fine tragica, causata dalla stessa sirena in risposta al rifiuto amoroso. Per tornare poi alla Sirenetta di Andersen, quando questa pericolosa creatura d'acqua, elemento tra i più freddi in natura, diventa tanto capace di amare da poter ottenere un’anima propria, sulla scia del Romanticismo ottocentesco. 🌊

L’articolo conclusivo del nostro Mermaid Film Festival è un’occasione per parlare di questo e molto di più, oltre a fare un riepilogo dei film in programma con tanti nuovi contenuti e un paragrafo interamente dedicato ai punti di contatto con il Classico Disney del 1989.
Link nelle storie! 🧜🏻‍♀️

Dalle acque della Germania emerge l’ultima Siren

Dalle acque della Germania emerge l’ultima Sirenetta del nostro Mermaid Film Festival 🧜🏻‍♀️
Angelo Serfilippi ci accompagna a scoprire in che modo Ondina incarna le tre tipologie di sirena tedesca (a partire dal suo nome), in un viaggio da Fouquè ad Andersen… e ritorno!
Scorri le immagini per leggere l’approfondimento, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it) 🌊

Questo è un post che non avrei mai immaginato di

Questo è un post che non avrei mai immaginato di scrivere. Un po' perché heroica.it si occupa esclusivamente di personaggi femminili, un po' perché l'idea scaturisce da una critica che mai avrei immaginato di leggere. Sì, ormai dovremmo esserci abituati alle sparate di registi e cast dei remake Disney in live action, eppure non smettiamo di sorprenderci dell'ignoranza che ostentano. Quasi verrebbe da sperare che non ci credano veramente, che lo facciano solo per creare scalpore. Non vogliamo fare il loro gioco, ma allo stesso tempo non possiamo far finta di nulla. E se una dichiarazione sciocca può portarci a riflettere su un personaggio a cui non avevamo mai pensato, allora... possiamo trarne perfino qualcosa di buono, no?

Rob Marshall, regista del remake de #LaSirenetta, ha dichiarato quanto segue: «ll ruolo di Eric nel film d'animazione - e sono sicuro che i creatori originali sarebbero d'accordo - è quello di un principe rigido e scialbo, che non ha molto da dire». Ora, tralasciando la sua arroganza non solo nel giudicare il lavoro altrui, ma perfino nel pretendere che i diretti interessati gli diano ragione, è evidente che non sia così (e Musker & Clements sarebbero d'accordo con me).

Certo, è chiaro e per certi versi necessario che come personaggio spicchi meno di Ariel, ma l'Eric del 1989 ha una sua personalità, non è un "pezzo di legno" come insinua Marshall. Una personalità che, peraltro, va oltre a quella del tipico eroe anni '80 a cui comunque attinge a piene mani nelle scene d'azione (su richiesta del produttore Jeffrey Katzenberg, che voleva una battaglia finale in stile Die Hard (1988)). Il live action, invece, non solo priva Eric di questo aspetto (che sul finale risultava fondamentale per farsi ben volere da Tritone), ma si limita a enfatizzare in modo didascalico varie componenti già presenti nel Classico, coronando il tutto con una storia d'amore che, pur risultando gradevole, si costruisce su un pretesto semplicistico e sempliciotto, finanche banale: i due si innamorano perché sono simili. Al regista, e a chi in questi giorni sta elogiando il remake a discapito del Classico, consiglierei di riflettere meglio sia sul vecchio che sul nuovo.

Nel secondo post dedicato al penultimo film del no

Nel secondo post dedicato al penultimo film del nostro Festival approfondiamo la figura della Rusalka, che dà il titolo ai due adattamenti sovietici che vi abbiamo presentato: "Rusalochka" significa infatti "Piccola rusalka". 🧜🏻‍♀️
Ci facciamo accompagnare da Angelo Serfilippi in un viaggio nel folklore sovietico, fra la persecuzione degli umani nei confronti delle sirene e quella degli spiriti dell'acqua nei confronti degli umani, con uno sguardo su come il film ha addolcito i lati più inquietanti della Rusalka, in linea con l'opera di Andersen.
Scorri le immagini per saperne di più, poi tuffati nel film: link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊

Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penult

Siamo orgogliosi di presentarvi la quarta e penultima gemma del nostro Mermaid Film Festival, "Rusalochka" (1976). 🧜‍♀️
Torniamo in Russia con una graziosa quanto commuovente interpretazione firmata Studio Gorky, con una dolcissima Sirenetta e una trama che diverge dalla fiaba originale, ma mette in luce due suoi temi fondamentali: l'amore non corrisposto e l'emarginazione del diverso.

Con i dialoghi a cura di Leone Locatelli e la preziosa consulenza dell’insegnante madrelingua russa Victoria Bachina!
Link in bio (@subclassics) e nelle storie (@heroica.it)! 🌊

La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a trac

La vita mediatica di #WannaMarchi ci ispira a tracciare numerosi parallelismi con la figura della #strega nell'immaginario collettivo, in particolare con Ursula del Classico Disney #LaSirenetta (1989).🔮

La più famosa televenditrice d'Italia insultava, ammaliava le masse e indagava sul loro inconscio, sui loro bisogni più profondi. Il suo è un maleficio che alla prima televendita opera in tre tentativi, come quelli della strega di Biancaneve nella fiaba dei fratelli Grimm, e che attechisce solo nel momento in cui vira sul sentimentale-patetico, in pieno stile "La canzone di Ursula": non vende più prodotti, ma sé stessa. Aveva già colto la tendenza catodica alla mercificazione dei sentimenti e del dolore.

Protagonista della grande ascesa delle tv private, in un clima di pieno edonismo, la tele-imbonitrice vedrà avvicinarsi la sua rovina non appena gli scintillanti '80 lasceranno spazio ai cupi '90. Quando capisce che intrugli, pozioni e alghe dimagranti non tirano più, Wanna "si convince di essere diventata così brava da poter vendere anche la fortuna, cioè il nulla", dichiara il suo avvocato Liborio Cataliotti nel documentario di @netflixit a lei dedicato.

«C'è una regola, nella narrativa, che dice che per descrivere un personaggio negativo è molto importante che questo non sappia di essere negativo, perché così è anche nel mondo vero», scriveva @gqitalia su Nicole Minetti. Vale lo stesso per Wanna, che infatti ad oggi non appare assolutamente pentita, anzi: è risentita per il trattamento a cui è andata incontro. E così in carcere si è messa a scrivere fiabe per sua figlia Stefania, forse sperando in un finale diverso per entrambe. Per loro che, dopo l'arresto, sono più volte tornate in scena al suono di: "Tremate, tremate! Le streghe son tornate!".

Quella di Wanna Marchi è una figura grottesca, quasi disneyana. Quasi catartica nel suo essere impenitente. "Cattiva e basta", eppure così sfaccettata…
Una figura di cui mediaticamente abbiamo bisogno per renderci conto che il Male è affascinante e carismatico, e scegliere comunque il Bene.

Scorri fino in fondo per leggere il resto e scoprire l'illustrazione di @marco_pintus_82 dedicata a Wanna/Ursula 🦑

"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nost

"Malá mořská víla" (1976), terzo film del nostro Mermaid Film Festival, ci offre una rappresentazione delle sirene che diverge dal nostro immaginario, ma che presenta qualche punto di contatto con le Villi del folklore ceco. ✨
Ce ne parla Angelo Serfilippi di @subclassics in questo approfondimento! 🌊

Guarda il film: link nelle storie e nelle storie in evidenza #MFF🧜🏻‍♀️

Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-sh

Cosa ci fa Ariel de #LaSirenetta (1989) sulla t-shirt della cantante delle #BikiniKill, la più importante band punk femminista dei primi anni '90?
Quali sono le origini del #GirlPower e quale ruolo può aver giocato Ariel in questo contesto?

Scorri le immagini per saperne di più 🧜🏻‍♀️

La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968),

La suggestiva estetica di “Rusalochka” (1968), il secondo film del nostro Mermaid Film Festival, ci ha ispirato a tracciare qualche parallelismo con l’arte russa (e non solo) sotto la guida di Angelo Serfilippi di @subclassics 🧜🏻‍♀️✨

Guarda il film: link nelle storie (e nella sezione #MFF in evidenza) 🐚

I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che

I detrattori de #LaSirenetta (1989) sostengono che la protagonista rinunci a sé stessa per un uomo, ma la storia sembra dirci tutt'altro: Ariel dà priorità assoluta al proprio desiderio, a discapito di ciò che vogliono gli altri.

Lauren Dundes la contrappone a Pocahontas, che mette il proprio popolo prima dell'amore per John Smith. Anche i nobili intenti di Mulan e il giusto compromesso di Vaiana sono apprezzabili, ma forse l'elemento più interessante di entrambe è il fatto che decidano di partire anche per loro stesse, per trovare il proprio posto nel mondo. A maggior ragione, è interessante e liberatorio che già diversi anni prima una principessa abbia voluto mettere la propria felicità prima di tutto e tutti.

In una società che insegna alle ragazze a mettere i bisogni degli altri prima dei propri, Ariel fa tutto il contrario. Pur evidenziando le conseguenze negative di una scelta avventata, la storia legittima il suo desiderio e premia la sua determinazione. Perfino vederla sbagliare, come qualunque eroe che si rispetti, è liberatorio, in barba a chi pensa che una rappresentazione femminista debba per forza basarsi su personaggi ultra-competenti e infallibili, stile #MarySue.

Alla luce di questo, è assurdo che Ariel venga considerata egoista mentre eroine successive, come Elsa di "Frozen" (2013), vengano elogiate per il fatto di mettere loro stesse prima degli altri, scappando da doveri e responsabilità che Ariel di fatto non ha. Ariel è la figlia più piccola del Re, mentre Elsa è la legittima erede al trono. A conti fatti, Elsa risulta più irresponsabile di Ariel, eppure è quest'ultima ad essere criticata di più, forse perché non rimedia direttamente al proprio errore (Elsa riesce a farlo, pur con troppa facilità), ma soprattutto perché guidata dall'amore romantico.

Per quanto sia lecito e necessario auspicare in una pluralità di narrazioni che non prevedano sempre un interesse romantico per l'eroina, l'amore non dovrebbe essere demonizzato a prescindere, a maggior ragione quando i personaggi maschili non vanno incontro alle stesse critiche. Alla fine, in un modo o nell'altro, sembra che a rimetterci debbano sempre essere i desideri delle ragazze.

“Malá mořská víla" significa "Piccola vila d

“Malá mořská víla" significa "Piccola vila di mare" ed è l'espressione con cui viene ancora oggi tradotto il titolo "#LaSirenetta” in Repubblica Ceca: anche la versione Disney si chiama così! 🧜🏻‍♀️

'Vila' non è semplicemente la traduzione ceca del nostro 'sirena', ma è il nome di una figura tipica del folklore slavo che con la 'mermaid' della Disney o con la 'havfrue' di Andersen ha solo alcuni tratti in comune.

Con questo piccolo approfondimento legato al primo film del nostro #MermaidFilmFestival, Angelo Serfilippi di @subclassics ci accompagna in un breve viaggio fra ninfe acquatiche e fantasmi di ragazze che hanno perso l'amore, tracciando le possibili intersezioni fra la Vila e la Sirenetta. 🌊

L'avventura della Disney con le sirene inizia poco

L'avventura della Disney con le sirene inizia poco più di 90 anni fa...
Ecco le principali tappe del viaggio che ha portato ad Ariel. 🐚

🧜🏻‍♀️ 1932 - 𝕶𝖎𝖓𝖌 𝕹𝖊𝖕𝖙𝖚𝖓𝖊 (Silly Symphony)
Fra squilli di trombe, sei sirene compaiono all'interno di una conchiglia per intrattenere Re Nettuno: la scena ricorda vagamente l'incipit de #LaSirenetta (1989), con le sei sorelle di Ariel che si esibiscono per Re Tritone e i suoi sudditi. Fra loro si distingue, anche qui, una sirena dai capelli rossicci, che poi verrà rapita dai pirati e, pur cercando di difendersi, verrà salvata solo dall'intervento di Nettuno. Quando, qualche anno più tardi, la Disney valutò l'idea di animare una serie di fiabe di Andersen, Kay Nielsen realizzò una concept art di una Sirenetta molto vicina all'estetica di questo corto.

🧜🏻‍♀️ 1953 - 𝕻𝖊𝖙𝖊𝖗 𝕻𝖆𝖓 (Classico Disney)
Sempre sei sono le sirene dell'Isola che non c'è, che incarnano i tratti tipici di questa figura mitologica: sono vanitose, seduttive nei confronti degli uomini e generalmente malevole. Nella versione Disney sembrano pin-up: alcune indossano reggiseni a conchiglia (come Ariel) e sfoggiano capigliature in voga negli anni ‘50, fra cui la frangetta bombata (già vista in Cenerentola). Due di loro hanno i capelli rossi e una di queste ha un ciuffo simile a quello di Ariel.

🧜🏻‍♀️ 1987 - 𝕴 𝕲𝖚𝖒𝖒𝖎 (serie TV)
Aquarianne si pone quasi a metà fra #Splash (1984) e il Classico del 1989. Ha i capelli biondi e la coda arancione come Madison, elementi che ritroviamo in alcuni bozzetti preliminari di Ariel, e un ciuffo che ricorda quest'ultima. Come Madison e Ariel, Aquarianne salva un personaggio che sta per annegare e poi viene salvata a sua volta. Ha un carattere più tranquillo di Ariel, ma all'occorrenza è irriverente, sa come difendersi e non le manda a dire, perfino quando viene catturata. All'inizio dell'episodio sembra esserci un riferimento a ciò che verrà, quasi un easter egg interno alla Disney: Sunni nota un sacco di oggetti curiosi che la tempesta ha portato sulla riva e li definisce "neat stuff". Due anni più tardi, Ariel inizierà la sua Part Of World proprio con il verso «Look at this stuff, isn't it neat?».

Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea”

Scenari fiabeschi sulle note di “Mediterranea” di Giuni Russo. 🌊
Introduciamo così il nostro Mermaid Film Festival: 5 film europei, basati su #LaSirenetta di Hans Christian Andersen, che vi terranno compagnia lungo tutto il mese di maggio. 🧜🏻‍♀️
Intanto tuffatevi in questa selezione di scene da #Rusalochka (1976). ✨
Video completo sul canale YouTube di SubClassics, link nelle Storie di @heroica.it e nella bio di @subclassics 🐚

L'aggettivo giapponese 'kawaii' ("carino/a"), oggi

L'aggettivo giapponese 'kawaii' ("carino/a"), oggi noto in tutto il mondo, deriva da un'espressione più antica, 'kawahayushi', utilizzata per esprimere un sentimento di pena e compassione che sarebbe in seguito stato assorbito dal termine 'kawaisō', traducibile con "poverino/a". Da sempre, quindi, il concetto di "carino" si è legato a creature tenere e indifese, da proteggere.

Ad un primo sguardo, Clara di "Heidi" sembrerebbe incarnare una combinazione perfetta fra i due termini, ma la sua evoluzione la porta ad emanciparsi almeno dal più debilitante dei due. Attraverso di lei, il regista Isao Takahata comincia a delineare due elementi cardine della sua poetica. Numero uno: fuggire dagli aspetti più duri della vita è da codardi. Impegno, sacrificio e senso del dovere sono elementi molto presenti nella cultura giapponese: sono i valori che hanno permesso al Paese del Sol Levante di prosperare negli anni '70, in cui è andato in onda "Heidi", e sono valori da tenere a mente, a maggior ragione, quando le cose vanno male. E così, il termine 'ikujinashi', ossia 'codarda', che viene utilizzato da Heidi quando Clara sembra volersi arrendere all'idea di non riuscire a camminare, è lo stesso che Sailor Mars utilizza per redarguire Sailor Moon quando dichiara di voler smettere di combattere nell'ep. 35 di "Sailor Moon", andato in onda nel 1992, l'anno in cui è scoppiata la bolla speculativa che ha fatto scivolare il Giappone in una profonda crisi economica.
Il secondo elemento cardine della poetica di Takahata è ciò che più lo allontana dall'Hayao Miyazaki dei primi anni, ossia l'accettazione del cambiamento e della crescita: Clara è una ragazzina carina, da proteggere e per cui provare compassione, ma non avrà per sempre bisogno di essere protetta e compatita. Miyazaki si allontanerà da Takahata durante la lavorazione di "Anna dai capelli rossi" (1979), anime la cui protagonista, oltre a non essere da lui considerata 'kawaii' (è meno idealizzata di Heidi e Clara), finisce anche per crescere, perdendo il candore e l'idealismo dell'infanzia. Abbandonata la serie, Miyazaki andrà a dipingere la Clarisse de "Il castello di Cagliostro" come un simbolo di eterna innocenza.

A salvare Matilda non è solo il potere dell'intel

A salvare Matilda non è solo il potere dell'intelligenza, ma anche quello dell'immaginazione. Una magia che deriva da quei luoghi fantastici in cui i libri la accompagnano, ispirandola ad immaginare una realtà migliore, fino a renderla possibile. #GiornataMondialeDelLibro

Leggi la mia analisi di #Matilda: link nelle storie 📚

Nel 1979, "Lupin III - Il castello di Cagliostro"

Nel 1979, "Lupin III - Il castello di Cagliostro" cambia per sempre la percezione del pubblico nei confronti dell’incorreggibile ladro ideato da Monkey Punch.
La dolcezza della principessa Clarisse ammorbidisce il cuore di Lupin e legittima gli otaku - maschi adulti ossessivamente dediti agli anime - ad entrare in contatto con il lato più tenero di sé. In lei, gli otaku trovano una figura femminile tradizionale in tempi di ardente femminismo (e in molti casi un feticcio sessuale), ma anche un personaggio in cui immedesimarsi, contro ogni aspettativa.

In una società restrittiva e competitiva come quella del Paese del Sol Levante, che a fine anni '70 aveva ormai raggiunto lo status di potenza economica, gli uomini devono "fare gli uomini", ossia essere duri, efficienti, imperturbabili. Immaginarsi nei panni di una ragazza fragile, dolce e innocente permette agli otaku di abbracciare la parte più morbida e infantile di sé, facendo i conti con la propria vulnerabilità. Personaggi come Clarisse rappresentano un simbolo eterno di candore e giovinezza, il sogno di un'innocenza mai contaminata dai mali nel mondo, un sé idealizzato o un ideale personificato in cui potersi rifugiare.

Alla fine, Lupin rifiuta l'amore di Clarisse, che vorrebbe seguirlo e passare la vita con lui, proprio per preservare l'innocenza della ragazza, come se in fondo lei rappresentasse un'entità ultraterrena, in pieno contrasto con l'apertamente terrena Fujiko Mine, con cui il ladro si riconcilia proprio alla fine della pellicola, a ribadire come in fondo sia quest'ultima - più vicina alla donna emancipata degli anni '70 - ad essere, a suo modo, l'anima gemella dell'incorreggibile protagonista.

Fonti:
- Patrick Galbraith, Otaku and the Struggle for Imagination in Japan, Duke University Press, 2019.
- Hayao Miyazaki, Starting Point: 1979, 1996, VIZ Media, 2009.
- Francesco Messina, Lupin III · Il castello di Cagliostro: Recensione & Rifessioni (by AkiraSakura & Shito), Bokura No Kakumei, 2021.

«Un giorno dovremmo fare una Heidi giapponese».

«Un giorno dovremmo fare una Heidi giapponese».

È un proposito rimasto nel cuore del regista Isao Takahata per tanti anni, dopo aver diretto "Heidi" (1974). Pare che l'idea di ambientare una storia del genere in Giappone l'avesse avuta fin da subito, ma al tempo il mercato privilegiava serie animate con ambientazioni occidentali. Un giorno, però, una Heidi giapponese avrebbe davvero visto la luce, con la sua regia: sto parlando di Kaguya-hime de "La principessa splendente" (2013). Le analogie sono diverse: al centro di entrambe le storie c'è una ragazzina che passa la sua spensierata infanzia in montagna e poi viene forzatamente allontanata dalla natura per vivere in città. Alle corse nei prati con Sutemaru (o Peter) si sostituisce la rigida istruzione di una governante (Sagami o la signorina Rottermeir), mentre Kaguya-hime di fatto ricopre sia il ruolo di Heidi che quello di Clara. I primi episodi di "Heidi" raggiungono inediti (per l'epoca) picchi di introspezione: la tristezza della protagonista viene dipinta con delicatezza, ma senza indorare la pillola. Tuttavia, lo spirito ottimista di Heidi non l'abbandona mai del tutto: da qui nasce il principale contrasto con Kaguya-hime, che crolla invece nella più profonda depressione. Notiamo come la principale analogia visiva fra le due opere, quella liberatoria fuga verso i monti in cui le due abbandonano i propri vestiti di città, appare gioiosa in "Heidi" (ep. 1) e disperata ne "La principessa splendente". E così, in qualche maniera, si uniscono i fili della carriera di Isao Takahata, dalla sua prima serie di successo all'ultimo film prima della sua morte. Nei quasi 40 anni che intercorrono fra le due opere, la visione del regista abbandona il suo sfrenato ottimismo. Spetta al pubblico stabilire se il triste epilogo di Kaguya-hime sia da attribuirsi alla rigida società che la circonda, alla sprovvedutezza dei suoi genitori o a lei stessa, che a differenza di Heidi e Clara non riesce a sfuggire alla propria tragedia. Quel che è certo è che, mostrando cosa sarebbe successo se Heidi fosse caduta in depressione, la poetica di Takahata risuona forte e chiara: la vita è preziosa e non va sprecata.

Esattamente 90 anni fa usciva "Snow-White" (1933),

Esattamente 90 anni fa usciva "Snow-White" (1933), un corto in cui Betty Boop reinterpreta la fiaba di Biancaneve, quattro anni prima dell'uscita del Classico Disney.
Le due trasposizioni sono legate soprattutto dalla presenza di Grim Natwick, creatore di Betty Boop e supervisore dell'animazione e del design della Biancaneve disneyana. Nei primi bozzetti di Natwick, Biancaneve presentava diverse somiglianze con Betty: testa sproporzionata e occhi grandi e tondi con ciglia marcate, corpo stilizzato con gambe lunghe e sottili, con caviglie in vista. Disney spinge per un design più realistico e meno provocante, ma il risultato finale - anche in virtù delle caratteristiche insite nel personaggio - continua a richiamare Betty Boop: pelle bianco latte, capelli corti e scuri, occhi tondi, labbra rosse a cuoricino e una voce infantile, dolce e iper-acuta.

Betty Boop conserva un candore quasi infantile che la ricollega alla sua controparte disneyana. Il pubblico prova tenerezza per questa figuretta tragicomica che se ne vede capitare di tutti i colori, eppure continua ad approcciarsi alla vita con vivace ottimismo. Allo stesso modo, Walt Disney riesce a far appassionare il pubblico alle vicende della sua Biancaneve proprio perché gli spettatori si ritrovano a provare compassione e poi affetto per lei, permettendo al film di superare lo scoglio della mezz'ora di durata a cui fino a quel momento l'animazione sembrava essere confinata. E così, anche le spaventose figure che popolano il bosco in "Biancaneve" sembrano evocare le presenze grottesche che infestano diversi corti di Betty Boop, come nelle surreali scene di "Minnie the Moocher" (1932).

Infine, entrambi i personaggi giocano un ruolo fondamentale nel rincuorare gli americani nel periodo della Grande Depressione.
Betty Boop l'affronta in modo diretto nel corto "Ups and Downs" (1932), mentre la Biancaneve disneyana gioca più sul simbolico. Dopo il tentato omicidio orchestrato dalla Regina, Biancaneve deve trovare in fretta un posto dove stare: la sua situazione ricalca quella dei milioni di americani che hanno perso la loro casa a seguito della Crisi del '29.

«In caso di olocausto nucleare, sopravviveranno s

«In caso di olocausto nucleare, sopravviveranno solo Cher e gli scarafaggi».

Questo detto, nato fra gli addetti ai lavori dello showbiz statunitense, è diventato col tempo quasi un adagio popolare, uno di quei proverbi che con semplicità affermano realtà assolute.
Sì, perché la peculiarità che ha maggiormente caratterizzato i (quasi) 60 anni di carriera di Cher è una capacità di sopravvivenza notevole. La sua è una carriera (e una vita) fatta di alti e bassi che presentano fra loro un divario tale da spingerci a scomodare ogni volta il termine "resurrezione". Cher ha la capacità di capire quando è il momento di cambiare totalmente strada, passando da un ambito all'altro con una naturalezza sconcertante, raggiungendo traguardi che annullano ogni pregiudizio legato all'età, oltre che al gatekeeping. Cantante di successo a 20 anni, star della televisione a 30, vincitrice di un Oscar a 40. A 50 anni faceva le televendite, ma poi è arrivata "Believe", la canzone che ha venduto di più in tutta la sua carriera, a dimostrarci che non è mai troppo tardi, che nella vita può esserci sempre una seconda occasione (e una terza, e una quarta).
Nel suo tour di addio, vent'anni fa, Cher apriva ogni concerto cantando "I Still Haven't Found What I'm Looking For" (cover degli U2), ossia "Non ho ancora trovato quello che sto cercando". E infatti continuerà a cercare, altro che addio: da allora si è imbarcata in altri due tour e due residency, oltre a registrare nuovi album e recitare in nuovi film. Il brano "You Haven't Seen The Last Of Me", tratto dal musical "Burlesque" (2010), restituisce un perfetto ritratto della sua carriera passata, ma anche del suo presente: «Sono a terra, ma mi rialzerò, non datemi già per finita. Non ci sarà nessuna dissolvenza in chiusura, questa non è la fine».

Scorri le immagini per scoprire di più sulla resurrezione di #Cher, dagli anni '60 ad oggi ➡️

«Questo potrebbe essere l'inizio di una bellissim

«Questo potrebbe essere l'inizio di una bellissima amicizia!».

Circa 30 anni fa si formava una coppia di improbabili alleate, #HarleyQuinn e #PoisonIvy, che da quel momento in poi sarà più volte riproposta, anche come coppia sentimentale. Tutto inizia il 18 gennaio 1993 con "Harley & Ivy", un episodio della prima serie animata di #Batman in cui le due 'cattive' fanno squadra, appropriandosi dei principi base del femminismo per compiere una serie di crimini che sembrano accomunati dall'intento di vendicarsi contro le discriminazioni che le donne subiscono per mano degli uomini. Al netto del suo approccio semplificato e caricaturale (o forse proprio grazie a questo), l'episodio ha il merito di aver fatto luce su alcune questioni importanti all'interno di una serie vista da molti bambini, ma non possiamo negare il potenziale effetto deleterio che scaturisce dall'associare il femminismo all'operato di due "cattive", per cui può esserci il rischio che il pensiero femminista ne esca demonizzato o comunque sminuito, ridicolizzato. Tuttavia, l'episodio sembra accostarsi a "Thelma & Louise" (1991) nel suscitare una certa empatia nei confronti delle due criminali, che infatti è sfociata nel grande amore che il pubblico ancora nutre nei loro confronti. Con il film di Ridley Scott, dopotutto, "Harley & Ivy" ha davvero molto in comune, a partire dal titolo e dal carattere delle due protagoniste, una apparentemente più insicura, fragile e infantile (Thelma/Harley, entrambe vittime di relazioni abusive) e l'altra apparentemente più dominante, sarcastica e sicura di sé (Louise/Ivy), fino alla scena del catcalling che presenta la medesima (esplosiva) risoluzione. Per Thelma & Louise, percorrere la strada del crimine è una scelta disperata e liberatoria, ma non si tratta di una scelta senza conseguenze. È la stessa cosa per Harley & Ivy, che alla fine devono fare i conti con la giustizia: la scelta di farle arrestare da una poliziotta è interessante e potenzialmente ambigua.
Scopri perché nei commenti ⬇️
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#EderaVelenosa #Arlecchina #BatmanTAS #BatmanTheAnimatedSeries #DCComics #cattiveragazze #femminismo #culturapop

Il 16 gennaio 1998, esattamente 25 anni fa, "#Tita

Il 16 gennaio 1998, esattamente 25 anni fa, "#Titanic" usciva nei cinema italiani. 🚢
Per festeggiare, vi parlo dei punti di contatto fra Rose Dewitt-Bukater e le #principesseDisney. 👑
Per leggere l'analisi completa, clicca sul link in bio!

Per salutare le Feste, vi presento l'articolo che

Per salutare le Feste, vi presento l'articolo che raccoglie tutte le analisi sulle principesse del Revival (2009-2016), con qualche piccola integrazione. Tiana, Rapunzel, Merida, Anna, Elsa e Vaiana raccolgono il testimone dell'annuale tradizione di "Principesse del loro tempo", ma lasciano da parte i riferimenti alla moda per abbracciare integrazioni relative al contesto produttivo e alla ricezione dei loro rispettivi film, oltre a tracciare qualche parallelo con le dinamiche sociali ad essi coeve, che negli anni Dieci passano per forza di cose dal web, dai social e dalla politica, con il passaggio di testimone fra due presidenti che hanno già fatto la storia degli Stati Uniti.
Una nuova era di fiabe Disney (e di relative analisi) prende forma, qui e ora! 👑
Link in bio e nelle Storie

"Oceania" esce a fine 2016, nello stesso mese in c

"Oceania" esce a fine 2016, nello stesso mese in cui Donald Trump viene eletto presidente degli Stati Uniti. Le sue dichiarazioni sessiste non fanno altro che rafforzare il fervente attivismo che si stava riaccendendo online e offline. Appena un mese prima era girato su internet un video privato in cui Trump affermava che, quando sei un uomo importante, ricco e famoso, le donne ti lasciano fare qualunque cosa, puoi perfino "afferrarle per la fica". Questo approccio prevaricatore nei confronti del corpo delle donne non si distanzia troppo dal modo in cui Maui dispone del corpo di Vaiana nel film (la prende, la sposta, la butta in mare): si tratta di uomini a cui tutto è sempre stato concesso, che hanno compiuto delle malefatte e che in qualche modo, pur dovendo pagare qualche scotto, l'hanno sempre fatta franca.
Ebbene, la storia di "Oceania", con Maui che si ritrova a dover chiedere scusa e rimediare ai propri errori passati, si riflette curiosamente nella nascita del movimento #MeToo, che trae le proprie radici dalla rabbia nei confronti di un atteggiamento che caratterizza quegli uomini che abusano del loro potere per ottenere favori sessuali e compiere molestie, facendola sempre franca.
Per ironia della sorte, anche lo stesso John Lasseter, il direttore creativo che aveva dato vita ai film di cui vi ho parlato in questa rubrica, viene allontanato dalla Disney sulla scia di questo movimento, essendo accusato di condotta sessuale inadeguata sul posto di lavoro. L'era Revival finisce insieme a lui, ma il risultato è (si auspica) un ambiente di lavoro più sicuro per tutte/i ai Walt Disney Animation Studios. A prendere le redini è una donna: assistiamo dunque a un passaggio di potere da una figura maschile più anziana a una femminile più giovane, come fra Vaiana e suo padre, ma la fortunata erede, Jennifer Lee, deve ancora dimostrare il suo (eventuale) valore come leader, tanto che gli studios, dopo gli exploit del 2009-2016, sembrano diretti verso un'era più nebulosa.
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"Oceania" esce nel 2016, ponendosi a posteriori co

"Oceania" esce nel 2016, ponendosi a posteriori come l'ultimo Classico dell'epoca Revival, terminata con il graduale abbandono di John Lasseter nell'anno successivo.
Con il Revival, la tradizione del musical fiabesco disneyano è tornata a risplendere dopo che per anni era stata accantonata dagli stessi studios: su questo punto possiamo certamente ricollegarci all'antica pratica della navigazione, abbandonata e "dimenticata" dal popolo di Motunui a causa dei suoi pericoli, e ripresa in mano proprio da Vaiana.
Se Vaiana canta di una linea in cui "il cielo incontra il mare", il film sembra mirare proprio a una linea invisibile fra la tradizione, con il ritorno dei registi Musker & Clements e dell'animatore Eric Goldberg, e la possibilità di aprirsi a nuovi orizzonti, non solo a livello narrativo ed estetico, ma anche musicale, con il primo contributo di Lin-Manuel Miranda su un Classico Disney.
Il musicista, che a 9 anni era rimasto folgorato dalle note di "In fondo al mar", dà vita a brani memorabili proprio in occasione del commiato dei registi de "La Sirenetta", i già citati Musker & Clements: si chiude un cerchio.
Chi guarda con affetto e nostalgia al Classico del 1989 percepirà certamente qualche eco di Ariel nel personaggio di Vaiana, che canta dei suoi sogni di esplorazione con altrettanto ardore in "How far I'll go". Si tratta, tuttavia, di un'eroina che guarda anche al futuro, anticipando la graduale riconnotazione della principessa Disney come "leader" del proprio popolo anche a livello politico-amministrativo, e che qui si imbarca in un viaggio degno del più leggendario degli eroi. L'orizzonte sembrava promettente, ma la Disney Animation degli anni successivi soffrirà dell'acerba dirigenza di Jennifer Lee, riprendendo il tema del viaggio dell'eroina in maniera meno incisiva con "Frozen II" e "Raya e l'ultimo drago". Forse ci vorranno un'altra principessa e un altro viaggio a riportare la Disney ai tempi in cui solcava i mari in tutta la sua gloria. ⛵
Un viaggio è finito, ma un altro viaggio, forse, sta per cominciare. 🌀
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"Frozen" esce nel 2013, proprio quando Tumblr dive

"Frozen" esce nel 2013, proprio quando Tumblr diventa la piattaforma prediletta di nuove, giovanissime femministe. Il fenomeno è talmente diffuso che nasce il termine 'tumblr feminism' per riferirsi all'approccio semplicistico con cui queste ragazze rielaborano i principi base della lotta femminista. Una voce di Urban Dictionary del marzo 2014 (appena qualche mese dopo l'uscita di "Frozen") sostiene ironicamente che "un altro dei sintomi del tumblr feminism è che, quando gli si chiede di spiegare le loro posizioni, le pazienti se ne vanno via infuriate anziché rispondere alla domanda". E ancora: "Dato che crede nel tumblr feminism, è contraria a qualsiasi forma di umiliazione. A meno che, ovviamente, non si tratti di umiliare qualcuno che la pensa diversamente da lei". Ora, non dobbiamo prendere sul serio queste definizioni, ma la percezione esterna di ciò che è stato il fenomeno del tumblr feminism conserva un fondo di verità, come ammesso dalle stesse 'femministe di Tumblr' a quasi dieci anni di distanza. "Essendo teenager, eravamo spesso molto cattive le une con le altre, soprattutto se qualcuna diceva qualcosa che strideva con la nostra visione del mondo in quel momento. In più, sempre essendo teenager, avevamo la capacità di essere incredibilmente egocentriche", scrive Alice Corner su Medium.
Il volto virtuale del tumblr feminism erano ragazzine che si spacciavano per autorità sulla questione, ma che in realtà stavano ancora imparando. Questo discorso ci riporta alla scena in cui Elsa pronuncia la celebre frase, "Non puoi sposare un uomo che conosci appena": è la risposta secca di chi si crede superiore, ma che che finisce per banalizzare questioni complesse (dai tòpoi delle fiabe alla tragica realtà dei matrimoni combinati). Una dimostrazione di superficialità, nonché di insofferenza nei confronti di realtà diverse dalla propria. La storia mette bene in chiaro il fatto che Anna stia sbagliando a fidarsi di Hans, ma la reazione di Elsa accende i riflettori sul suo errore (demonizzando la sua scelta) anziché venirle incontro, cercando di capirla e di farle capire dove sbaglia.

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Con l'uscita di "Frozen" (2013), l'era Revival rag

Con l'uscita di "Frozen" (2013), l'era Revival raggiunge il suo picco massimo a livello di successo, tanto che il Classico Disney in questione diventa il film d'animazione con maggiore incasso nella storia del cinema (per poi essere superato solo dal proprio stesso sequel), oltre a ricevere premi, vendere merchandise a palate e scolpirsi nell'immaginario collettivo dei primi anni Dieci.
Se "Rapunzel" è l'equivalente di ciò che è stata "La Sirenetta" per il Rinascimento Disney, avendo la funzione di riaccendere la fiaccola della speranza in uno studio d'animazione ormai alla deriva, "Frozen" può essere visto come il nuovo "Il Re Leone", ma senza avere la sua stessa solidità artistica e narrativa. Pur riconoscendo le innovazioni apportate da questa fiaba nella rappresentazione femminile disneyana (sebbene la figura di Elsa e il rapporto con Anna siano certamente debitori a "Wicked"), l'impatto pionieristico del film viene decisamente ingigantito da pubblico, critica e industria cinematografica, al netto di evidenti problemi di sceneggiatura e caratterizzazione dei personaggi. E così cominciamo a chiederci se questa nuova magia Disney non sia solo un trucco, un gioco di prestigio ideato per compiacere un pubblico sempre più pigro con cui porsi in modo servile, come Elsa che – nella scena finale del film – riduce i suoi poteri a fonte di intrattenimento per il suo popolo.
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Stasera alle 21:20 su Rai2 c'è "Gli Aristogatti",

Stasera alle 21:20 su Rai2 c'è "Gli Aristogatti", praticamente l'unico Classico Disney rimasto nel palinsesto natalizio della Rai (nel 2021 era da solo, quest'anno c'è stato anche Frozen II), la cui trasmissione il 31 dicembre è ormai (quasi) una certezza da diversi anni. E allora oggi voglio proporvi in replica, ma in una veste grafica nuova, anche la mia analisi su Madame Adelaide Bonfamille, la premurosa e carismatica padrona dei gattini, una donna realizzata che si è goduta (e si gode) la propria vita. 🐱💎
(In collaborazione con David Roberts per l'ultima slide, dedicata alla moda).

«Una principessa non ride a quel modo e non si in

«Una principessa non ride a quel modo e non si ingozza; si sveglia presto, è compassionevole, paziente, cauta, pulita e, soprattutto, una principessa mira alla perfezione».

La descrizione fornita da Elinor, madre di Merida in "Brave" (2012), rappresenta la quintessenza di ciò che la principessa Disney, nella sua conformazione più classica, rappresenta nell'immaginario collettivo. Un ideale a cui Merida sembra opporsi strenuamente, come a voler urlare: "Non sono come le altre principesse!".
Questo elemento del personaggio è stato tuttavia ingigantito e di fatto traviato dalla stampa e dal pubblico a ridosso dell'uscita del film, dipingendo Merida come un 'maschiaccio', nonché l'anti-principessa. Come spiega a Indiewire la co-regista Brenda Chapman, vera ideatrice della storia, Merida è a proprio agio con l'essere una principessa e con l'essere una ragazza, non era mai stata sua intenzione dipingerla come una "donna tosta", in inglese "badass woman" (tanto che si ritrova ad alzare gli occhi al cielo quando l'intervistatrice tira in ballo questo termine). "Merida era una ragazza atletica che aveva aspirazioni diverse dal semplice sposarsi, ma non l'ho mai vista come una principessa guerriera", dichiara Chapman, suggerendo che il pericolo è quello di creare uno stereotipo opposto a quello della damigella in pericolo, ma altrettanto limitante: "È fantastico avere delle supereroine, ma possiamo avere più storie che non si incentrino su quello? Possiamo avere più storie raccontate da una prospettiva femminile, che mostrino alle donne che è ok essere tutto ciò che le donne sono?".
Nonostante Chapman abbia abbandonato il progetto nel 2010 a causa di divergenze con John Lasseter, la sua visione trova in qualche modo riscontro anche nel prodotto finito, in barba a come è stato pubblicizzato. Il lieto fine promuove un rapporto di pacifica convivenza fra diversi tipi di femminilità, con un possibile riferimento al contrasto fra il post-femminismo (con l'enfasi sul matrimonio come fine ultimo di ogni donna) e la nascente Quarta Ondata femminista, a simboleggiare quel passaggio di testimone che stava avendo luogo proprio nel 2012.
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Nel 2012 esce "Brave", la prima fiaba animata prod

Nel 2012 esce "Brave", la prima fiaba animata prodotta dalla Pixar, e l'anno dopo la sua protagonista entra a far parte del franchise delle Principesse Disney.
In uno sketch di "Ralph Spaccainternet" (2018), le altre principesse diranno di non riuscire a capire una parola di ciò che dice perché "è dell'altra casa di produzione", ma dieci anni fa John Lasseter era il direttore creativo sia della Pixar che dei Walt Disney Animation Studios, e con "Brave" estendeva la propria missione di recupero della fiaba a entrambi gli studi d'animazione. Pur pescando a piene mani dall'immaginario disneyano pregresso ("il riflesso di antiche civiltà"?), Merida va per la sua strada, rivelandosi essere da un lato un'eterna outsider e dall'altro un'anomala e inconsapevole pioniera in relazione a quelli che saranno i cambiamenti nelle storie e nella caratterizzazioni delle successive principesse, anticipando "Frozen" su diversi punti.
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Nel 2010 esce "Rapunzel" e le dinamiche di genere

Nel 2010 esce "Rapunzel" e le dinamiche di genere che intercorrono fra la protagonista e il suo comprimario maschile sembrano riflettere il momento in cui, dopo decenni di post-femminismo, ci si rende nuovamente conto che esiste una disparità sociale fra maschi e femmine. Se determinate discriminazioni sono universalmente condannate, certe microagressioni –soprattutto verbali – sono all'ordine del giorno e vengono finalmente messe alla berlina: un celebre esempio è l'atteggiamento paternalistico alla base del mansplaining.
Non è la prima volta che una coppia Disney incarna le dinamiche di genere in atto al tempo della sua uscita: quasi 20 anni prima c'era stato "La Bella e la Bestia", in cui la Bestia, grazie all'intervento di Belle, passa dall'ipermascolinità dell'eroe degli anni '80 alla sensibilità del maschio riformato degli anni '90, come ho scritto nella mia analisi (link in bio). La situazione dipinta da "Rapunzel" risulta però più sottile e potenzialmente problematica. Nel caso della Bestia, il pubblico non aveva dubbi in merito al fatto che i suoi atteggiamenti fossero sbagliati, tanto che le relative scene conservavano perlopiù un tono grave. Nel caso di Flynn Rider non si parla di aggressioni fisiche o verbali evidenti, ma di tanti piccoli gesti con cui sottovaluta, minimizza e ridicolizza la controparte femminile in scene tendenzialmente connotate come comiche. Inoltre, se il pubblico non aveva alcun dubbio in merito al fatto che Belle fosse perlopiù dalla parte del giusto e che costituisse la parte forte della coppia dal punto di vista intellettivo e morale, Rapunzel viene invece ridicolizzata dal film stesso e dal pubblico che ne ride. La relazione fra i due presenta dinamiche che fanno parte della realtà quotidiana di molte ragazze, e che qui vanno in scena in un film che la Disney ha in larga parte pubblicizzato e indirizzato ad un pubblico maschile, che si ritrova a parteggiare per Rider. Il film fa il doppio gioco, caratterizzando l'iniziale spacconeria di Flynn come un atteggiamento "figo", ma evidenziando e premiando la capacità di Rapunzel di reagire, dimostrando che lui sbagliava a sottovalutarla.
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Il 21 dicembre 1937, esattamente 85 anni fa, "Bian

Il 21 dicembre 1937, esattamente 85 anni fa, "Biancaneve e i sette nani" usciva nei cinema statunitensi! ✨
Oggi voglio parlarvi del modo in cui "Come d'incanto" ha riaffermato l'importanza della principessa Disney più classica, Biancaneve, nel mondo contemporaneo.
Un omaggio che fa capolino perfino nel titolo scelto per l'adattamento italiano, che cita la celeberrima serenata del principe alla sua amata: «Oggi, come d'incanto, canto solo per te...» ❤️‍🔥
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𝑃𝑒𝑟 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑖𝑟𝑒
Leggi la mia analisi di "Come d'incanto": link in bio!
Leggi la mia analisi di Biancaneve in relazione al contesto storico-sociale e alla moda del 1937: link nelle storie!

«When will my life begin?». ☀️ Nel 2010 esce

«When will my life begin?». ☀️
Nel 2010 esce "Rapunzel", la storia di una ragazza rimasta chiusa in una torre fino ai suoi 18 anni. Diciotto come gli anni che erano passati dall'uscita di "Aladdin", l'ultima fiaba animata tradizionale prodotta dalla Disney. Dopo tutto questo tempo, una nuova principessa vede finalmente la luce. Una principessa di un tempo e di un regno "molto, molto lontano", in contrasto con la specifica realtà storica e geografica in cui era immersa la precedente Tiana, ma comunque una principessa del proprio tempo, i primi anni Dieci. Qui la principessa nella sua forma più classica, con lunghi capelli biondi, balcone e torre, esce alla scoperta del mondo, incontrando la contemporaneità. Sotto la corazza di un umorismo post-"Shrek", anche la magia della fiaba Disney trova il modo di uscire allo scoperto, dando inizio a una nuova era.
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Dopo l'analisi su Biancaneve, Cenerentola e Aurora

Dopo l'analisi su Biancaneve, Cenerentola e Aurora, uscita due anni fa, e quella su Ariel, Belle e Jasmine, uscita l’anno scorso (link di entrambe nelle storie), debutta oggi la rubrica "Principesse del nostro tempo: 2009-2016" che vi terrà compagnia ogni settimana fino al 6 gennaio, offrendovi uno sguardo sul contesto storico-sociale che ha dato vita ai Classici Disney delle principesse dell'era Revival. 👑✨
Partiamo ovviamente da Tiana, e quindi dal 2009.
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«Ci serve una principessa, chi c'è là?». 👸🏼
“La principessa e il ranocchio" ci presenta Charlotte, l'amica di Tiana, come una piena rappresentazione dello stereotipo della principessa, vista come una ragazzina bionda, iper-femminile e viziata che pensa solo a sposare un principe. In questa storia non solo non riuscirà a sposarlo, ma non riuscirà neanche a diventare una vera principessa, dovendosi accontentare del titolo di Principessa del Martedì Grasso, a cui ironicamente dovrà rinunciare a mezzanotte, proprio come Cenerentola deve rinunciare ad abito e carrozza. E di nuovo "Cenerentola" torna alla mente nella contrapposizione fra lei e la protagonista, con il film che premia la fatica di Tiana a discapito del privilegio di Charlotte. E così la stessa Charlotte si traveste da principessa con capelli raccolti e un abito pomposo e rosa (il trionfo della stereotipo), forse ripescato da alcuni bozzetti scartati dal Classico Disney del 1950, e balla col principe Naveen colpita dai riflettori in inquadrature che ricordano il film in questione, mentre Tiana sceglie di indossare un abito da dama rinascimentale (un simbolo della sua concretezza, più vicina alla realtà storica che all'incanto della fiaba), ma poi si sporca e l’amica le presta un abito nei toni dell'azzurro e dell'argento, proprio come quello di Cenerentola al Ballo (e nel franchise). Tiana impara a credere nella Stella dei desideri, a cui affianca il proprio duro lavoro, e quindi viene premiata, mentre Charlotte ci crede con superficialità, come se la stella potesse darle qualunque cosa senza doversi impegnare in prima persona, e quindi viene ingannata dal suo stesso desiderio, per poi avere una dimostrazione, sul finale, di cosa (e chi) è davvero una principessa Disney.
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Nel dicembre 2009 esce al cinema "La principessa e

Nel dicembre 2009 esce al cinema "La principessa e il ranocchio". Fra le immagini più note del film ce n'è una della protagonista sul balcone, con un abito azzurro, a rappresentare l'epitome della principessa Disney. Eppure, in quella scena Tiana è solo "travestita" da principessa – indossa un vestito preso in prestito dall'amica Charlotte durante una festa in costume. Allo stesso modo, anche il film di cui fa parte è solo "travestito" da Classico del Rinascimento Disney (1989-1999), ma la sua è un'anima in parte rétro, come quella dei Classici dell'Alto e Basso Medioevo (1961-1973; 1977-1988), e in parte spiccatamente contemporanea, riprendendo la tensione fra realtà e immaginario già presente in "Come d'incanto" (2007). È curioso che, nell'intento di lanciare una nuova era di fiabe di successo, la Disney sia ripartita più o meno consapevolmente proprio dalla sua età più buia, appena prima del Rinascimento, con gli animali parlanti in una palude dichiaratamente ispirata a quella di "Bianca e Bernie" (1977). Forse è stato necessario, propedeutico e quasi catartico calarsi nuovamente in quell'abisso per poi ritrovare la luce (di una stella, o di una lucciola). D'altro canto, la speranza è la stessa virtù che ha fatto il successo di Biancaneve e Cenerentola, e che torna utile ora che la Disney ha bisogno che il pubblico, scettico come Tiana, ricominci a credere alle fiabe animate, decretandone il successo. La Disney persevera nel crederci e vuole che il pubblico faccia lo stesso. E allora bisogna iniettare un po' del pragmatismo di questa nuova principessa in quella vecchia formula per far sì che continui a funzionare, dimostrando che i sogni diventano realtà. È la realtà travestita da fiaba o è la fiaba che si traveste da realtà? Oppure è un Classico degli anni '70 travestito da commedia con gli animali in CG degli anni '00?
In ogni caso, il successo sarà modesto, condannando il 2d all'oblio: non sarà Tiana la principessa che salverà la Disney, né quella che salverà l'animazione tradizionale. Ma forse chissà, a farlo sarà un'altra principessa che nel 2023 tornerà a credere in una stella, in un mondo ibrido fra CG e 2d... 🌟
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La scena di "Come d'incanto" in cui Giselle si arr

La scena di "Come d'incanto" in cui Giselle si arrabbia per la prima volta nella sua vita è significativa perché mette in luce un passaggio importante, nella rappresentazione delle principesse Disney. A Biancaneve e Cenerentola era concessa la possibilità di mostrare il proprio disappunto, ma solo in modo bonario, materno e pacato, spesso nei confronti di animali o altri personaggi comici, o parlando fra sé e sé. Sarà solo con i film d'animazione del #RinascimentoDisney (1989-1999) che la rabbia entra di diritto fra il range di emozioni con cui alle principesse Disney è permesso esprimersi, e non solo nei confronti dei cattivi. Tutto inizia dalla ribellione di Ariel ne #LaSirenetta, fortemente connotata dal fatto che si tratti della prima, vera principessa-teenager. L'ibridità dell'adolescenza le concede maggiori libertà, in linea con la caratterizzazione di ragazzine di #ClassiciDisney precedenti come Alice, Wendy e Ailin, a cui è permesso infervorarsi in numerose occasioni.
Dopo Ariel c'è Belle de #LaBellaELaBestia, una figura più adulta la cui rabbia si ricollega soprattutto al rapporto con la Bestia, e quindi a dinamiche di genere in cui la parte femminile "addomestica" quella maschile con diplomazia, ma anche alzando la voce se necessario.
E infine Jasmine di #Aladdin, principessa la cui rabbia è direttamente ricollegabile alla figura della femminista che rifiuta l'atteggiamento docile che le viene imposto in virtù del suo genere. Le femministe vengono accusate di parlare troppo, di urlare troppo, di arrabbiarsi troppo: poco importa se lo fanno per i loro diritti – come Jasmine, che esige il controllo sulla sua vita e sul suo corpo, rifiutandosi di essere sottovalutata, presa in giro e trattata come un "trofeo da vincere".

Arrabbiandosi, le #principesseDisney abbracciano il sentimento che ha animato il movimento femminista fin dai suoi esordi e così facendo compiono il primo passo del viaggio che le porterà a prendere il controllo del proprio destino, rivoluzionando il mondo attorno a loro.

🌸 Link in bio per leggere la mia analisi su Ariel, Belle e Jasmine
🌸 Link nelle storie per leggere la mia analisi su #ComedIncanto

Mantenendo un sapiente equilibrio fra parodia e om

Mantenendo un sapiente equilibrio fra parodia e omaggio, "Come d'incanto" ha riabilitato e riaffermato la figura della principessa Disney in un mondo post-"Shrek", riallacciandosi alle precedenti fiabe Touchstone in live-action ("Splash", "Pretty Woman") e facendo strada alle successive fiabe animate ("La Principessa e il Ranocchio", "Rapunzel", "Frozen").
Per leggere la mia analisi, clicca sul link in bio! ✨ #comedincanto

Oggi si celebrano i 25 anni dall'uscita italiana d

Oggi si celebrano i 25 anni dall'uscita italiana del Classico Disney #Hercules (1997)!
È l'occasione giusta per cominciare a parlare di #Megara, un personaggio complesso e affascinante che tornerà fra queste pagine nel 2023, ma che nel contesto delle analisi di dicembre costituisce l'ideale punto di raccordo fra il Rinascimento Disney e ciò che è venuto dopo. Armata di sarcasmo, Megara restituisce un vivido ritratto del disincanto delle donne americane di fine millennio, quello stesso spirito che sarà incarnato, nelle sue diverse sfumature, dalle quattro protagoniste di #SexAndTheCity, storica serie tv che debutterà proprio l'anno successivo. Come Carrie, Miranda, Samantha e Charlotte, Megara è una donna – la prima, in un Classico Disney! – che ha avuto relazioni e delusioni d'amore in passato. Come loro, Megara sembra avere un'età avanzata rispetto alle tipiche eroine romantiche, e questo si riflette anche nel rapporto con Hercules ("Smamma, ragazzino!"). Meg ci viene di fatto presentata come una donna sessualmente matura, con molta più esperienza di Herc sotto diversi aspetti, tanto che inizialmente si pone in una posizione dominante rispetto a lui. È anche la prima eroina Disney a mostrare pubblicamente di provare un'attrazione fisica per un uomo, esplicitandola attraverso varie battute fulminanti ("Ma quel megafusto lì è vero?"; "E ti hanno dato anche un nome, insieme a tutti quei pettorali?"). Per la prima volta, l'espressione del desiderio sessuale femminile trova spazio in un Classico Disney, con affondi degni di Samantha. Poi, come in "Sex And The City", ci viene mostrato come sarcasmo e disillusione celino il profondo desiderio di credere ancora nell'amore. Un amore come quello delle fiabe – più forte di ogni cosa, e per cui valga la pena sacrificare tutto. Il fatto che le Spice Girls siano state prese in considerazione per interpretare le Muse in "Ti vada o no" regala un'ulteriore nota anni '90 al tutto. La girl band inglese ha raggiunto il picco del successo proprio fra il 1996 e il 1997, con canzoni i cui testi suonavano spesso come confidenze fra amiche, occasioni per parlare (anche) di uomini – in positivo o in negativo, come in "Sex And The City".

Fin dalla sua prima scena, "Shrek" si rivela in tu

Simbolicamente, l'attacco alle Torri Gemelle dell'

Simbolicamente, l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 ha rappresentato il momento in cui gli Stati Uniti hanno perso la propria innocenza, smettendo di credersi invincibili e inattaccabili. Da quel momento, niente sarebbe stato più come prima.
In quello stesso anno, nell'ambito dell'intrattenimento, anche la Disney comincia a veder vacillare le proprie certezze dopo un decennio di assoluto predominio sul fronte del cinema d'animazione occidentale, da "La Sirenetta" (1989) a "Tarzan" (1999). Il pubblico sembra aver perso l'innocenza e l'incanto del decennio precedente per abbracciare la malizia e il disincanto che quell'anno verranno perfettamente incarnati da "Shrek" (2001). Dall'altro lato della barricata c'è però il successo dei film fiabeschi di Barbie che, a partire da "Barbie e lo schiaccianoci" (2001), riescono ad intercettare quel culto delle principesse che in un mondo post-Shrek sembra paradossalmente più forte che mai, anche se relegato al pubblico femminile e al comparto direct-to-video. Dopo la caduta delle Torri Gemelle, "#Shrek" e "#Barbie" costituiscono i due nuovi pilastri in CGI su cui il cinema d'animazione (anche Disney) si ricostruirà da quel momento in poi, reinventando il genere della fiaba animata per riflettere da un lato il bisogno di rassicurazione e dall'altro la disillusione post-9/11.
Sempre nel #2001, la Disney propone una nuova principessa all'interno di un'opera (#Atlantis) che si distacca nettamente dalla tradizione del musical fiabesco per abbracciare il genere action/sci-fi e un tono più dark, disincantato e maturo, ma il successo non sarà dietro l'angolo...
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Nel 1997, di fronte a una Disney desiderosa di avv

Nel 1997, di fronte a una Disney desiderosa di avventurarsi alla scoperta di nuovi lidi, con storie che si allontanavano dalla fiaba per abbracciare ora la storia ("Pocahontas", 1995), ora la letteratura ("Il Gobbo di Notre-Dame", 1996), ora la mitologia ("Hercules", 1997), Don Bluth dimostrò che il pubblico voleva ancora sognare con una giovane orfana che scopre di essere una principessa. A un primo sguardo, Anastasia può sembrare l'imitazione di una #principessaDisney, così come il suo film può sembrare l'imitazione di un Classico del #RinascimentoDisney, ma la vera, regale natura di entrambi si svela presto agli occhi degli spettatori e, quando arriva la scena in cui la nonna la incorona, lo stigma del 'clone Disney' si è già dissolto e Anya, da 'stracciona' di Don Bluth, si rivela per ciò che era fin dal principio, ossia una principessa degna dei più grandi #ClassiciDisney. Ironico, se pensiamo che il film si basa proprio sul percorso di una ragazza che deve dimostrare di essere una principessa, o meglio una granduchessa, la 'vera' Anastasia.

In un momento in cui la Disney, pur portando in sala grandi capolavori, aveva temporaneamente accantonato le principesse, Anastasia arriva a reclamare il proprio posto, collocandosi inconsapevolmente come ultima discendente di una tradizione fiabesca che di lì a poco sarebbe stata completamente spazzata via. "Anastasia" ci ha regalato un ultimo sogno in 2d prima che una mannaia di cinismo in CGI si abbattesse sul cinema d'animazione occidentale. "Quello che era sempre stato, adesso era scomparso per sempre". O meglio, era cambiato per sempre. Ma questa è un'altra storia, che racconteremo a tempo debito.
Oggi celebriamo #Anastasia in occasione dei 25 anni dall'uscita del suo film nei cinema statunitensi. Lo facciamo poco prima che venga dicembre, e si apra una nuova era di analisi sulle principesse Disney. #QuandoVieneDicembre

Clicca sul link in bio per leggere la versione estesa del post, che include qualche considerazione in più sulla carriera di #DonBluth, sulle particolarità e sulle innovazioni portate da “Anastasia", sull'acquisizione del film da parte della Disney e molto altro. 👑 #princicembre

il 14 novembre 1997, esattamente 25 anni fa, si te

il 14 novembre 1997, esattamente 25 anni fa, si teneva a New York City la prima di #Anastasia di #DonBluth. La seconda delle #PrincipesseNonDisney che animerà il nostro novembre non poteva che essere lei. In questo primo post, ricollochiamo il film nel contesto del suo anno d'uscita, mettendo brevemente in luce le possibili intersezioni con le commedie romantiche di Meg Ryan e il Girl Power anni '90.
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Macabra, glaciale e imperturbabile. Quando si parl

Macabra, glaciale e imperturbabile.
Quando si parla di #MercoledìAddams la prima immagine che affiora alla mente dei millennial è l'interpretazione che ne ha dato Christina Ricci nei film del 1991 e del 1993, in cui viene ritratta come una preadolescente cinica, caustica e anticonformista. Il personaggio diventa così un'icona per tutti quei teenager che si sentono diversi e fuori posto nella società. Nel 1991, quando esce il primo dei due film citati, nasce il cantautore Alabaster (@iamalabaster), che oggi pubblica un singolo ispirato proprio a Mercoledì. "Quando avevo la sua età ho cominciato a vestirmi di nero, per me era un po' come uno scudo. Non riuscivo a integrarmi con i miei compagni di classe e i professori spostavano la colpa su di me, dicendo che ero io a isolarmi". Accostarsi a Mercoledì vuol dire appropriarsi ironicamente dei panni di una ragazzina che sceglie davvero di isolarsi dagli altri, ma significa anche affermare la propria diversità, indossarla sul volto come se fosse un fondotinta (pallido come la morte), o un'espressione che agli altri appare indecifrabile. "Mercoledì dà risposte secche e macabre con un'espressione perennemente seria, imperscrutabile. Nessuno capisce fino a che punto stia scherzando". Questa caratteristica è citata ironicamente nel brano ("resting bitch face"), ma il cantante l'associa ad un male più profondo, che lo tocca nel personale: "Mi fa pensare alla depressione, in cui un'apparente imperturbabilità nasconde un forte disagio". È questo il fil rouge - o fil noir, suggerisce ironicamente Alabaster - del suo nuovo progetto musicale: dopo aver omaggiato Sailor Saturn (link in bio), torna ad associare figure femminili al proprio vissuto, prima con "Anna Karenina", uscita ad agosto, e adesso con "Mercoledì", cogliendo l'occasione per parlare con tono ironico, ma anche profondamente serio, di malattia mentale. Il brano è dark-pop, con sonorità ispirate al revival anni '80 e "parla di cose pesanti con un beat energico". Il testo è un flusso di coscienza ricco di citazioni - Sailor Moon, la Regina di Biancaneve, Donatella Rettore. (Continua nel primo commento).

Si avvicina dicembre, il mese del nostro appuntame

Si avvicina dicembre, il mese del nostro appuntamento annuale con le #PrincipesseDisney. L'anno scorso ci siamo lasciati con "Principesse del loro tempo: 1989-1999" (link in bio), ma prima di dare inizio a una nuova era vogliamo fare un passo indietro, prendendo in considerazione coloro che sono rimaste nell'ombra della precedente, ossia le principesse non-Disney degli anni '90, che ci accompagneranno lungo tutto il mese di novembre.
Partiamo dal 1994...

L'incredibile successo del #RinascimentoDisney ha fatto gola a molti studi concorrenti, ansiosi di adottare la stessa formula nella speranza di ottenere gli stessi riscontri. Questo era prevedibile, ma ciò che forse molti non sanno è che i principali "cloni" prodotti nel corso degli anni '90 sono nati dalla mente di chi alla Disney ci aveva lavorato, salvo poi andarsene di sua spontanea volontà o venire accompagnato alla porta. La seconda opzione appare più probabile, per il caso di cui parliamo oggi, ossia "#LIncantesimoDelLago" diretto da Richard Rich.
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Scopri curiosità e approfondimenti su Odette nelle Storie in evidenza!

Grazie a @nick_wilde7 per il consulto in merito alle somiglianze fra i film citati e per l'assistenza nella ricerca delle immagini.

#GiorgiaMeloni è la prima Presidente del Consigli

#GiorgiaMeloni è la prima Presidente del Consiglio in Italia: ad oscurare il valore di quest'avvenimento storico c'è il fatto che la sua vittoria non possa essere vista come la vittoria di tutte le donne, né tantomeno del femminismo. Insistendo per essere chiamata "Il Presidente", la Meloni associa il proprio potere alla mascolinità e al contempo agisce per confinare le altre donne all'interno di binari più tradizionali, mettendo (letteralmente) la famiglia e la natalità prima delle pari opportunità. Sotto questo aspetto ricorda #MargaretThatcher, ma anche la preside (o "il preside"?) di "#Matilda", ossia #AgathaTrinciabue, che – a differenza della Meloni – sembra possedere una più genuina predisposizione verso tratti considerati ‘maschili’ anche al di fuori della sua carica (non c’è niente di intrinsecamente negativo in questo), ma che sbaglia nel momento in cui discrimina le altre donne, in particolare quelle che incarnano tratti convenzionalmente femminili. Queste tre figure, con le dovute differenze, svelano la natura oscura di un potere femminile, ma non femminista.
Per fortuna, il finale del film "#Matilda6Mitica" (1996) offre la soluzione...
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Poi, se vuoi approfondire, clicca sul link in bio

«Da qualche parte, dentro ognuno di noi, c'è il

«Da qualche parte, dentro ognuno di noi, c'è il potere di cambiare il mondo».

Questa citazione di #RoaldDahl, riportata in una delle locandine del film "#Matilda" (1996), trasposizione dell'omonimo romanzo del 1988, ci riporta alla mente un'altra frase, della nota femminista Gloria Steinem: «Il femminismo inizia come qualcosa di molto semplice, come l'istinto di una bambina che dice 'non è giusto' e 'non sei il mio capo' e finisce come una visione del mondo che mette in discussione l'intera gerarchia».

Come nei più celebri romanzi di Dahl, Matilda rappresenta il trionfo dei bambini sulle ingiustizie dei grandi, ma in questa storia c'è anche una sfumatura di genere: ad avere il potere di cambiare il mondo è infatti una bambina.

Ve ne parlo oggi in occasione della Giornata Mondiale delle Bambine e delle Ragazze. Link in Bio! 🎀📚✨

#giornatamondialedellebambine #giornatamondialedellebambineedelleragazze

Nella seconda metà degli anni ’60, il look, il

Nella seconda metà degli anni ’60, il look, il corpo e lo sguardo di #Twiggy raccontano una nuova storia, quella delle teenager moderne. Libere di giocare con il look, distinguendosi dalle proprie madri anche nel corpo, fino a rivendicare il controllo dello sguardo. Il peculiare aspetto di Twiggy l’ha liberata dall’essere una preda sessuale: contrapponendosi all’ideale estetico dominante, la modella ha plasmato un nuovo modo di valutare la bellezza, incentrato su come la ragazza vede sé stessa più che su come il suo aspetto viene giudicato dalla società.

Così, la popolarità di Twiggy ha cambiato per sempre il rapporto tra alta moda e bellezza femminile. Al centro del fenomeno non c’è l’avvenenza della modella, ma la rappresentazione di un modo di essere che diventa il vessillo di una femminilità in continuo movimento. Per la prima volta, la moda ha parlato alle ragazze e delle ragazze, permettendo a queste di esprimersi a loro volta.

Twiggy ha cambiato il modo in cui pensiamo alle modelle, spingendo l’alta moda ad innamorarsi di una teenager della classe operaia che ha avuto la faccia tosta di mostrarsi esattamente per com’era: allampanata, scomposta, buffa, ribelle. Quasi un’aliena.
Ci sarà sempre posto per modelle dall’aspetto elegante e sofisticato, ma Twiggy ha introdotto un’alternativa in cui tante ragazze potevano rivedersi, dimostrando che la moda non è solo apparenza, ma è raccontare qualcosa; non è solo essere guardate, ma guardare il mondo attorno a sé, cominciando a farne parte.

Leggi l'analisi completa di conclusione e nuove integrazioni sul mio sito, link in bio! 🌸

25 anni fa usciva l'album "Butterfly" di #MariahCa

25 anni fa usciva l'album "Butterfly" di #MariahCarey, un vero e proprio inno di liberazione. Fino a quel momento, infatti, la carriera e la vita privata della cantante erano soggette al controllo di Tony Mottola, CEO della Sony Music che la portò al successo diventando poi suo marito. Sul fronte discografico, Mottola le imponeva di mantenere un'immagine da ragazza (bianca) della porta accanto, optando per una musica altrettanto 'safe'. Sul fronte relazionale, la gelosia dell'uomo raggiunse l'ossessione. All'interno della villa di Mottola a NY, Mariah si sentiva come una prigioniera: era sorvegliata 24 ore su 24 dalle guardie assunte dal marito e doveva chiedere il permesso ogni volta che voleva uscire. Mariah ha avuto il coraggio di allontanarsi da quella situazione, chiedendo il divorzio e riacquistando gradualmente il controllo della sua vita e della sua carriera, per poi spiccare il volo con #Butterfly (1997). Emblematico il video del primo singolo, #Honey, che inscena una parodia della situazione di cui era stata vittima. Il video inizia infatti con Mariah nel ruolo di un'agente segreta (M.) ammanettata ad una sedia all'interno della villa di un boss italo-americano che somiglia molto a Mottola. M. riesce a liberarsi, sfuggendo al controllo delle guardie, e si tuffa dall'ultimo piano della villa direttamente nella piscina, per poi spogliarsi in acqua e riemergere in bikini, citando l'iconica scena che introduceva la prima Bond Girl (Honey Ryder) in "Dr No" (1962), e fuggire a bordo di una moto d'acqua, raggiungendo un nuovo amore in un'isola deserta. La metamorfosi di Mariah si riflette in un'immagine più sensuale e disinvolta, oltre che nell'adozione di influenze hip hop (già presenti nell'album precedente), un genere che prima le era precluso in quanto considerato (da Mottola) troppo audace e "black". La separazione dal marito-discografico le ha permesso di riabbracciare le sue radici di donna biracial, sia musicalmente che a livello di immagine. La metafora della farfalla torna nella title track, con un testo incentrato sulla consapevolezza che, se ami davvero qualcuno/a, devi lasciarlo libero/a: «Ho imparato che la bellezza deve fiorire nella luce». 🦋

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